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Niccolò Fabi apre Monfortinjazz con la sua chitarra

Niccolò Fabi solo con il pianoforte e la sua chitarra 2

MONFORTE È Niccolò Fabi il primo ospite di Monfortinjazz. Il suo concerto all’auditorium Horszowski ha fatto il tutto esaurito domenica 9 luglio.

John Butler
John Butler

La rassegna prosegue

  • venerdì 14 luglio alle ore 21.30 con il rocker australiano John Butler
  • sabato 15, con Stefano Bollani.
  • sabato 22 luglio Tower of power
  • mercoledì 2 agosto Carmen Consoli.

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L’intervista

Nato nel 1968 a Roma, il cantautore ha vinto due targhe Tenco, nel 2013 e nel 2016. Il suo ultimo album, Meno per meno, è uscito a dicembre. Contiene sei brani riarrangiati e quattro inediti.

Cosa deve aspettarsi il pubblico di Monforte?

«Chi mi segue sa già a quale linguaggio e atmosfera va incontro durante i miei concerti; allo stesso tempo, qualcosa può cambiare ogni volta. A Monforte, sul palco, sarò da solo e userò voce, chitarra e pianoforte. Sarà un’esasperazione dell’aspetto di intimità e informalità, un contatto diretto con gli ascoltatori. Non ci saranno elementi di distrazione, sarà la radicalizzazione del mio linguaggio».

Già per la sua conformazione, l’auditorium Horszowski favorisce il contatto tra l’artista e il suo pubblico.

«Le date di quest’estate sono state selezionate per rispondere a questa caratteristica e aiutare a sviluppare una certa atmosfera. I concerti saranno in mezzo a bellezze naturali oppure in luoghi raccolti, come, per esempio, dei chiostri».

Conosceva già il festival Monfortinjazz?

«Vi partecipo per la prima volta, ma lo avevo già sentito nominare. Ho un gruppo di amici, che ormai non posso più chiamare collaboratori tecnici, provenienti tutti dalla zona del Cuneese, mi tengono al corrente di ciò che accade nella Granda».

Nel 2022 ha festeggiato i suoi venticinque anni di carriera. Cos’è cambiato in tutto questo tempo?

«Il periodo è molto lungo, sono successe parecchie cose. Ci sono stati momenti più o meno fortunati, negli ultimi dieci anni ho raggiunto un pochino la felicità dal punto di vista artistico. Ho un rapporto più diretto e sereno con chi mi ascolta, più familiare e meno mediato dall’aspetto promozionale radiotelevisivo. Ora ho un modo di svolgere il mio lavoro che si avvicina maggiormente al mio carattere: sono decisamente più sereno adesso rispetto agli esordi».

Il grande pubblico la conobbe nel 1997 al festival di Sanremo con Capelli. La rassegna continua a essere una vetrina per giovani?

«Dall’avvento dei social, Sanremo è ancora più seguito, condiviso e commentato. Credo mantenga la sua funzione di vetrina, ma ovviamente non è una garanzia di successo».

Come si inquadra il suo rapporto con Max Gazzè e Daniele Silvestri?

«Più che le affinità artistiche ci lega l’approccio nei confronti della professione, simile e distaccato. Prestiamo attenzione a non farci travolgere dal mondo rutilante dello spettacolo, cerchiamo di essere poco personaggi televisivi e concentrarci sullo stile delle canzoni. Siamo cresciuti come membri di una banda, abbiamo un approccio alla musica corale e collettivo. Non pensiamo tanto al successo quanto a divertirci, come se continuassimo a suonare in cantina tra amici».

Divertirsi è forse la ricetta della longevità artistica?

«Nei momenti in cui il successo non arriva e la carriera sembra essere in difficoltà, ciò che ti spinge ad andare avanti è il divertimento nel continuare a suonare. Se manca, gli stimoli finiscono».

Davide Barile

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