Abitare il piemontese: la parola di questa settimana è Ciolarò (si pronuncia ciularò)

Fregatura, imbroglio, complotto, truffa; situazione manomessa, esito stabilito a priori.

Abitare il piemontese: la parola della settimana è Possacafé 13

ABITARE IL PIEMONTESE La rubrica vuole annoverare una parola particolare, il cui sventurato senso è conosciuto ovunque: Ciolarò (si pronuncia ciularò). Da qualche parte del Piemonte si chiama anche ciolàda o ciolandari, ma sempre di un imbroglio truffaldino si tratta. Nonostante la sonorità suggerisca la coniugazione italiana di un verbo al futuro, si tratta invece di un sostantivo maschile piemontese. Il ciolarò riguarda solitamente una situazione torbida che prevede una fregatura, un imbroglio organizzativo, magari con un esito deciso a priori. Nella fattispecie può trattarsi di una lotteria con un vincitore pre-designato per qualsivoglia motivo; può trattarsi più gravemente di un bando, un esame, un colloquio, un appalto che si svolge per pura formalità, seppure il “vincitore” sia già stabilito a discapito degli ignari concorrenti. Quando entra in ballo questa parola, con la sua radice, è la disonestà a prendere il sopravvento.

La voce è attestata non solo in ambito piemontese e diffusa nel gergo militare con valore negativo. Tra le diverse proposte etimologiche troviamo chi ipotizza una connessione con lo spagnolo chulear (burlare con grazia). C’è chi preferisce pensare a una provenienza dal latino parlato cionulum (colonnetta, birillo), attraverso un passaggio semantico improntato sul senso d’instabilità del birillo che si può muovere secondo il volere altrui. Altri suppongono una derivazione dal latino colei (testicoli), probabilmente attraverso una forma latina tarda chiola. Non meno interessante è il confronto con il gotico sauljan (contaminare). Nessuna di queste soluzioni però si impone con evidenza sulle altre e la voce des-cioles sembra proporre un latino volgare “prendere al laccio, abbindolare”.

Sono sconfinate le declinazioni del verbo ciolé. Qualche esempio: ciola, ciolan, ciolandran (un ingenuo sempliciotto); des-ciolesse significa affrettare, sveltire qualcuno da una situazione imbambolata. “Rubare” e “compiere un rapporto sessuale”, due attività che in piemontese si descrivono allo stesso modo: ciolé. Sarà perché avvengono entrambe di nascosto? Non basta. Sarà perché da entrambe le situazioni si trae un beneficio fisico/materiale? Può darsi. Sarà un caso, ma anche un’altra lingua regionale, il napoletano, annovera curiosamente un verbo per esprimere gli stessi due concetti: fottere.

Paolo Tibaldi

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