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Festival di Venezia: lunghi applausi per il commovente film Zielona granica

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VENEZIA Sono da record le presenze per l’80ᵃ Mostra del cinema, un 18% in più rispetto alla scorsa edizione con un totale di 114.851 ingressi e anche oggi non sono mancate le critiche e le forti emozioni per i film in prima visione.

In gara per il Leone d’oro è stato presentato l’atteso film di Pietro Castellitto Enea, che vinse nel 2020 il premio Orizzonti per la migliore sceneggiatura con I predatori; oggi gli occhi sono tutti puntati per lui. Enea (interpretato dallo stesso regista) rincorre il mito che porta nel nome: lo fa per sentirsi vivo in un’epoca morta e decadente. Lo fa assieme a Valentino, aviatore appena battezzato. I due, oltre allo spaccio e alle feste, condividono la giovinezza. Amici da sempre, vittime e artefici di un mondo corrotto, ma mossi da una vitalità incorruttibile.

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Enea di e con Cesare Castellitto

Oltre i confini delle regole, dall’altra parte della morale, c’è un mare pieno di umanità e simboli da scoprire. Enea e Valentino ci voleranno sopra fino alle più estreme conseguenze. Tuttavia, droga e malavita sono l’ombra invisibile di una storia che parla d’altro: un padre malinconico, un fratello che litiga a scuola, una madre sconfitta dall’amore e una ragazza bellissima, un lieto fine e una lieta morte, una palma che cade su un mondo di vetro. È in mezzo alle crepe della quotidianità che l’avventura di Enea e Valentino lentamente si assolve. Un’avventura che agli altri apparirà criminale, ma che per loro è, e sarà, prima di tutto, un’avventura d’amicizia e d’amore.

Il regista dichiara che «Enea è una storia di genere senza il genere. La componente criminale del film viaggia silenziosa su un binario nascosto, e sopraggiunge improvvisa nelle fessure dei rapporti quotidiani, sconvolgendo i protagonisti ignari. L’idea era quella di creare una narrazione in cui il punto di vista dello spettatore combaciasse con quello di chi subisce il narcotraffico: all’improvviso si può vincere e all’improvviso si può morire, e nessuno saprà mai il perché. I protagonisti sono mossi dal mistero della giovinezza. Non fanno quello che fanno né per i soldi né per il potere, ma forse per vitalità, per testare il cuore, per capire fino a che punto ci si possa sentire vivi oggi, all’alba di questo nuovo millennio, saturo di guerre raccontate e di attentati soltanto visti». Un film che vede nel cast oltre al regista anche Giorgio Quarzo Guarascio, Benedetta Porcaroli, Chiara Noschese, Giorgio Montanini, Adamo Dionisi, Matteo Branciamore, i fratello minore del regista Cesare Castellitto e il padre Sergio Castellitto. Un film nel quale si trova molto lo stile di Sorrentino e che può sembrare per alcuni aspetti assurdo motivo per il quale non ha sollevato in sala l’entusiasmo sperato. Comunque a un pubblico giovane sicuramente può piacere, il lavoro di Castellitto è una forte critica alla società borghese e all’assurdo modo di vivere di molti giovani persi in una società sempre più priva di valori, forse già dentro morti e che devono ricorrere a cose sempre più estreme per sentirsi vivi. Una pellicola che denuncia la superficialità della società e lo fa utilizzando spesso dialoghi elementari e facendo fare ai protagonisti discorsi ovvi sull’esistenza. Un film sicuramente ambizioso per una storia di amicizia e perdizione che lascia lo spettatore non pienamente soddisfatto.

Lunghi applausi ha riscosso il commovente film in concorso Zielona granica (Confine verde) della regista Agnieszka Holland che porta a Venezia la situazione degli immigrati diventata grave crisi umanitaria e politica sul confine verde, quello tra la Biellorussia del dittatore Aljaksandr Lukašėnko e la Polonia dell’estrema destra di Mateusz Morawiecki. I rifugiati provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa che cercano di raggiungere l’Unione Europea si trovano intrappolati in una crisi geopolitica cinicamente architettata dal dittatore bielorusso che, nel tentativo di provocare l’Europa, sono attirati al confine dalla propaganda che promette un facile passaggio verso l’Ue.

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Zielona granica (Confine verde) della regista Agnieszka Holland

Pedine di questa guerra sommersa, le vite di Julia, un’attivista di recente formazione che ha rinunciato a una confortevole esistenza, di Jan, una giovane guardia di frontiera, e di una famiglia siriana si intrecciano. «Viviamo in un mondo in cui sono necessari grande immaginazione e coraggio per affrontare tutte le sfide dei nostri tempi. La rivoluzione dei social media e l’intelligenza artificiale hanno ostacolato sempre di più l’ascolto di voci autentiche. A mio avviso, non ha alcun senso impegnarsi nell’arte se non si lotta per quelle voci, se non si lotta per porre domande su questioni importanti, dolorose, a volte irrisolvibili, che ci mettono di fronte a scelte drammatiche. Questa è esattamente la situazione in atto al confine tra Polonia e Bielorussia», dichiara la regista. Un’opera che parla al cuore e ci sfida a riflettere sulle scelte morali che ogni giorno persone comuni si trovano ad affrontare. Un film che consacra il ritorno del bianco e nero per dare maggiore drammaticità agli eventi narrati.

Vivants, il film fuori concorso di Alix Delaporte, porta sul grande schermo la storia di Gabrielle che è appena entrata a far parte di un prestigioso network di informazione. In assenza di un’adeguata formazione, deve dimostrare di essere all’altezza e trovare il proprio posto all’interno di un gruppo di inviati speciali di grande esperienza. Nel vivo dell’azione, imparerà il linguaggio e il codice di questi reporter, sempre appassionati, spesso divertenti e talvolta segnati dalla vita e dalla loro professione.

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Vivants, film fuori concorso di Alix Delaporte

Poi c’è Vincent, il caporedattore del programma, che non può fare a meno di lanciare sfide. Per Delaporte che ha esordito nel ruolo di fotoreporter, filmando la vita mentre scorre e affidandosi all’istinto per cavalcarne l’imprevedibile flusso, la priorità assoluta nel dirigere questo film è stata quella di «ricreare questa rapidità d’azione sul filo del rasoio e servirmene per catturare il groviglio di emozioni rarefatte e di legami umani amplificati che si creano sul campo, così da renderlo il più vivido e commovente possibile».

Walter Colombo, inviato a Venezia

 

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