La reazione di Dio e quella nostra verso chi ci fa del male

PENSIERO PER DOMENICA – XXIV TEMPO ORDINARIO – 17 SETTEMBRE

Il tema delle letture della XXIV domenica è il perdono. L’insegnamento di Gesù (che ha preceduto gli esempi di perdono della passione) è stato inserito da Matteo (18,21-35) nel capitolo sulle regole fondamentali della vita comunitaria. Questa si regge su 4 pilastri portanti: l’andare in cerca di chi si è allontanato, la correzione fraterna, la preghiera comunitaria e il perdono reciproco.

Perché perdonare? La risposta è nella prima lettura dal Siracide (27,30-28,7). Questo scriba giudaico, vissuto all’inizio del II secolo a.C. è un saggio, che propone una filosofia di vita molto incarnata, attingendo dall’esperienza regole di comportamento. Egli insegna che la mancanza di perdono, che diventa rancore e ira, finisce per rovinare sia le relazioni interpersonali, sia il rapporto con Dio. L’odio diventa una catena che blocca, una prigione che rinchiude sia i carnefici che le vittime. Rovina anche la relazione con Dio, perché chi non perdona al fratello, con che faccia invocherà il perdono di Dio?

La reazione di Dio e quella nostra verso chi ci fa del male

Quante volte si deve perdonare? È un’altra di quelle domande vecchie come il mondo, tanto che ha dato vita a un proverbio: «La prima si perdona, la seconda si bastona». Alcuni testi biblici (Am 2,4; Gb 33,29) sembravano suggerire che si potesse concedere il perdono fino a tre volte. Pietro pensava di fare il “grandioso” proponendo di perdonare fino a sette, ma viene raggelato da Gesù, che, con un gioco numerico (“settanta volte sette”) chiede ai discepoli di perdonare sempre.

Si può perdonare tutto? È la domanda più impegnativa. Gesù fa l’esempio paradossale dei due creditori: al primo, che doveva 10mila talenti – una cifra che nessun uomo avrebbe potuto guadagnare lavorando tutta la vita – il padrone condona il debito. Lui però si rifiuta di condonare il debito di un suo dipendente che gli doveva l’equivalente di tre mesi di lavoro. Il primo padrone è l’immagine di Dio; noi dobbiamo cercare di non imitare il secondo. La parabola è chiara, ma non esaustiva. Purtroppo ci sono offese molto più gravi di un mancato pagamento! Pensiamo alle offese alla nostra persona o, peggio ancora a una persona cara. Gesù ha mostrato con l’esempio che si può perdonare chi ti fa del male, chi ti mette in croce. Rimane aperta la domanda se sia possibile perdonare chi fa del male a una persona cara. Con le forze umane certamente no! Ma con l’aiuto di Gesù si può imboccare anche questo cammino di cura. Ci sono ferite che lasciano una cicatrice indelebile. Dio può aiutarci a curarle in modo che cessino di sanguinare.

Lidia e Battista Galvagno

Banner Gazzetta d'Alba