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Piemonte 2030, siamo primi per ricerca e innovazione

Primo posto nella categoria “intensità della ricerca” (gli investimenti in ricerca e sviluppo rispetto al prodotto interno lordo)

Piemonte 2030, siamo primi per ricerca e innovazione

IL RAPPORTO Che cosa possiamo aspettarci dal futuro? Mai come adesso lo sguardo a lungo termine risulta fosco, non solo a causa dell’incertezza socioeconomica e ambientale, ma anche in virtù di un atteggiamento mediatico spesso propenso ai toni apocalittici. Sul tema è però meglio partire dai dati, tanto che la Regione, insieme a Ires Piemonte, ha appena pubblicato un lavoro dal titolo Il posizionamento del Piemonte rispetto agli obiettivi di sviluppo sostenibile – Sdgs (sustainable development goals) – dell’Agenda 2030. Nelle pagine del Position paper si tenta di capire se la strada intrapresa verso la costruzione di un mondo più abitabile e sostenibile stia procedendo in maniera corretta. A che punto siamo rispetto agli obiettivi individuati dall’Europa? Ci stiamo muovendo in modo da garantire una buona qualità di vita a tutti i piemontesi e da allacciare una relazione rispettosa verso la natura?

Analizzando i risultati emerge un’immagine mediocre, che si illumina per qualche aspetto. Nel complesso il Piemonte si posiziona all’ottavo posto nella classifica nazionale, preceduto da Provincia autonoma di Trento, Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Provincia autonoma di Bolzano, Emilia-Romagna, Toscana e Veneto. Tuttavia, la nostra regione è al primo posto nella categoria “intensità della ricerca” (gli investimenti in ricerca e sviluppo rispetto al prodotto interno lordo): nel 2020 la percentuale era del 2,34 ed è aumentata nel tempo, contro una media del- l’1,61% delle regioni del Nord- ovest e dell’1,51 in Italia.

Siamo, inoltre, sul secondo gradino del podio per l’innovazione e al terzo posto per l’obiettivo “città sostenibili”, tra le migliori aree d’Italia per la bassa percentuale di abusivismo edilizio, il 4,1% contro il 15,1% nella media nazionale. Anche l’incidenza del verde urbano rende virtuoso il Piemonte, che tocca quota 11,7% contro il 10,9 delle regioni del Nord-ovest e l’8,5% della media nazionale. E pure sull’asse “acqua” si segnala un livello positivo (quarto posto nazionale), in particolare nella sottocategoria relativa alle acque reflue civili e industriali trattate in modo sicuro (dove siamo al primo posto).

Commenta la ricercatrice dell’Istituto di ricerche economiche e sociali Ludovica Lella (si veda anche l’intervista nella pagina accanto): «Se guardiamo ai risultati rispetto agli altri obiettivi non emergono significative criticità. Il Piemonte si posiziona in genere tra il secondo e il tredicesimo posto, prevalentemente nella prima metà della classifica nazionale».

Permangono tuttavia alcuni segnali di difficoltà sul fronte degli ecosistemi terrestri e dell’agricoltura sostenibile – di cui trattiamo a parte – oppure sulla lotta alla povertà. Qui, se l’obiettivo europeo definisce la necessità di ridurre entro il 2030 almeno della metà la percentuale di uomini, donne e bambini che vivono al di sotto della soglia limite, la nostra regione si colloca al nono posto della classifica nazionale, con una percentuale pari al 4,5%, appena in linea con la media del Paese. Infine, c’è un altro tema di segno opposto da non evadere, legato ai minori in eccesso di peso: il Piemonte si trova all’undicesimo posto a livello nazionale, con il 23,6% di bambini e adolescenti che mostrano problemi in tal senso. E, poiché i piccoli tendenti all’obesità probabilmente diventeranno adulti con problemi di salute, anche in questo caso la strada per migliorare è ancora lunga.

Ma rischiamo di scordare il volo delle farfalle

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L’ALLERTA Che cosa accade in Piemonte sul fronte del cambiamento climatico? Secondo l’Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa) gli effetti sulla biodiversità si stanno manifestando con forza. Sul prossimo numero di Gazzetta d’Alba pubblicheremo un approfondimento sul tema per comprendere le conseguenze dell’alterazione ecologica su molteplici livelli.

Ci spiega il tecnico di Arpa Enrico Rivella: «Nella zona alpina con gli incrementi di temperatura più marcati rispetto alla media globale e le variazioni nella distribuzione e nel tipo di precipitazioni (da neve ad acqua), dobbiamo aspettarci molteplici effetti sugli organismi viventi. Alle alte quote alcune specie di fiori sono costrette a trovare nuove condizioni ad altitudini maggiori, incalzate da specie meno sensibili allo stress termico».

Per capire che cosa stia accadendo, a partire dal 2010, l’Arpa ha iniziato con vari strumenti a monitorare le praterie alpine e alcune vallette innevate sul Monte Rosa e in Val Formazza. Gli strumenti sono posizionati a diverse quote e i risultati vengono campionati a intervalli di 3-5 anni, data la lentezza dei ritmi della vegetazione in quegli ambienti. Prosegue Rivella: «Al momento si osserva una diminuzione della flora delle vallette a favore di quella delle praterie montane, con l’apparizione di alcune specie che solitamente si trovavano a quote inferiori. Anche tra gli invertebrati si osserva l’estinzione delle specie adattate ai climi più freddi e la risalita di specie termofile. Sono particolarmente significative le difficoltà dei lepidotteri diurni, le farfalle, insetti legati agli ambienti prativi e alle condizioni di illuminazione solare per il loro volo. Nelle Alpi marittime, nel massiccio dell’Argentera, uno studio dell’Università di Torino in collaborazione con Arpa Piemonte ha fornito le prime evidenze scientifiche di questo fenomeno di estinzione e migrazione. La risalita verso l’alto interessa anche a quote più basse diverse specie invasive sia vegetali che animali (la nutria, lo scoiattolo grigio, il silvilago e altre)».

Rivella: «Molte specie vegetali invasive possono inoltre trarre giovamento nel confronto competitivo con le autoctone e inserirsi più facilmente nei boschi, come fa per esempio l’ailanto. Senza scordare che le nuove condizioni climatiche aiutano la proliferazione di specie aliene di origine subtropicale come la zanzara tigre o la risalita verso l’alto di parassiti un tempo relegati a zone di bassa quota, come le zecche e anche alcune specie di zanzara».  

Matteo Viberti

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