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In ricordo di Sergio Staino, il grande fumettista che sa trasformare la sofferenza in bellezza

In ricordo di Sergio Staino, il grande fumettista che sa trasformare la sofferenza in bellezza
La vignetta che Staino ha dedicato ai lettori di Gazzetta e ai ragazzi che hanno seguito il suo intervento.

L’ADDIO (21 ottobre 2023) SERGIO STAINO: MUORE A 83 ANNI L’ALTER EGO DI BOBO VIGNETTISTA E GIORNALISTA, EX DIRETTORE DELL’UNITÀ Vignettista e giornalista, lo sguardo attento, perplesso, sempre ironico dell’osservatore del paese e delle sue trasformazioni, della vita sociale italiana e soprattutto dei tic, dei vizi e delle virtù della sinistra italiana: Sergio Staino se ne va a 83 anni e dopo una lunga malattia. Toscano di Piancastagnaio, per decenni vignettista per l’Unità, di cui è stato anche direttore, per l’Espresso e molte altre testate e programmi televisivi, è stato soprattutto il padre di Bobo, alter ego suo e di tutto un popolo di sinistra che a lungo si è rispecchiato nel suo sguardo in una sorta di continua seduta psicoanalitica quotidiana collettiva.

Per ricordare il grande artista riprendiamo gli articoli pubblicati da Gazzetta d’Alba nel corso della sua visita in città per presentare il nostro libro Dito nell’occhio.

L’INCONTRO (22 gennaio 2019) Sergio Staino prima che fumettista è un uomo capace di scovare i residui di bellezza nel trauma e nella sofferenza. A quelle briciole si appende come un abile trapezista, impara a impilarle fino a quando le trasforma in castello.

In ricordo di Sergio Staino, il grande fumettista che sa trasformare la sofferenza in bellezza
La vignetta che Staino ha dedicato ai lettori di Gazzetta e ai ragazzi che hanno seguito il suo intervento.

Staino è quasi cieco, ma grazie alla sua forza, al computer e all’intelligenza, alla memoria e all’intuito continua a disegnare.

Spiega di utilizzare le sue famose vignette per mettere a nudo il potere, mai per colpire le persone ma il fondamentalismo, perché «la satira è tra
le armi più potenti che abbiamo per battere la prepotenza». Il 22 gennaio il più grande disegnatore di fumetti italiano era ad Alba, ospite di Gazzetta
d’Alba, di fronte alla platea degli studenti del liceo artistico.

Dopo la visita ai nuovi locali di corso Europa, tutti in piazza Medford per presentare Il dito nell’occhio, il libro di Sting, autore satirico che anima le prime pagine di Gazzetta con battute pungenti, colpendo in maniera educata e mai volgare i poteri locali, le logiche ipocrite e i capricci umani. Il volume – che oggi viene donato a chi si abbona – è stato illustrato proprio dagli studenti del Pinot Gallizio. «Temevo di imbattermi in uno dei tanti
lavoretti banali, invece il libro di Sting con i disegni dei ragazzi mi ha colpito.

Mi sono sentito in dovere di venirvi a trovare qui, per rendere onore al lavoro svolto», ha detto Staino. Il grande fumettista ha poi condiviso in abili flash stralci della propria vita. Figlio di una famiglia non agiata – padre carabiniere del Sud, madre contadina toscana – non ebbe vita facile a scuola durante l’adolescenza: «Ero bravo, ma alle medie mi trovai in un istituto per ricchi e con insegnanti fascisti. Venni bullizzato, umiliato da studenti e docenti. Piansi molto in quel periodo».

Staino ha anche parlato dell’approdo a Linus negli  anni Settanta con il suo personaggio – «Bobo sono io, la mia caricatura, con la mia famiglia», ha spiegato –, della fama conquistata, della diagnosi di una malattia degenerativa della retina: «Poco per volta perdevo la vista, ero confuso, ma da quella sofferenza ricavai il mio tratto distintivo, quello che penso attribuisca spessore emotivo ai miei disegni. È come se a livello inconscio chi li vede intuisca la sofferenza, la senta propria e percepisca l’autenticità.

La visita al liceo Artistico

Il successo scaturisce in qualche modo dal mio percorso, sofferente, ma proprio per questo potente e intenso». Da qui viene il messaggio di Staino: «Ragazzi, non raccontate mondi lontani o di cui non sapete nulla. Aprite la finestra, narrate con umiltà e sincerità ciò che vedete: la vostra strada, la vostra città. Non buttate le cose tristi vissute, tenetele dentro come una cosa preziosa, comunicatele».

Staino ha la barba bianca e  gli occhi rivolti a un mondo differente. Vede molto lontano. A fine incontro, traccia come autografo il suo Bobo. Ancora lui: «Qualche volta qualcuno dice: “Maestro, la sua penna non sta scrivendo. Ma io dentro il mio cervello lo vedo il disegno, in ogni dettaglio. È così magico il nostro cervello». Staino  non parla solo di sé. Parla dei migranti, di chi oggi arriva ultimo o non arriva, di chi non vince la battaglia della vita. Nei suoi disegni c’è un mondo con molto lavoro ancora da fare.

Matteo Viberti

La presentazione del libro Dito nell’occhio

L’INTERVISTA (15 gennaio 2019) Sergio Staino, uno dei più celebri disegnatori del nostro Paese, martedì 22 gennaio sarà ad Alba (palazzo mostre e congressi, ore 11) per presentare, davanti agli studenti delle scuole superiori, il libro di Sting Il dito nell’occhio, che raccoglie le «punture» del corsivista satirico del nostro giornale. Il volume è dato in omaggio agli abbonati di Gazzetta d’Alba.

Fondazione Mirafiore, al Laboratorio ospiti Staino, Piepoli, Vecchioni

Staino, il libro di Sting, in aforismi e brevi frasi, utilizza la satira a scopo di critica politica e sociale. Qual è la funzione della satira nel nostro contesto storico?

«In ogni epoca la funzione della satira è quella di evidenziare le ipocrisie e le false verità attraverso la presa in giro. La sua forza è l’allusione, ovvero il riferirsi a qualcosa senza dirlo esplicitamente. È un potente vettore di liberazione e verità. È indicativo osservare come tutti i fondamentalismi (religiosi, statali, politici, eccetera) tendano a isolare e controllare, perseguitare la satira. Più esiste libertà di satira, più respiriamo democrazia. L’educazione a questo tipo di comunicazione è particolarmente importante nel contesto scolastico: si insegna allo studente ad avere un atteggiamento maturo verso la realtà, cosa che implica ironia, sorriso, riconoscimento degli aspetti buffi e non prendersi mai troppo sul serio».

Parliamo dell’epoca nella quale viviamo, del contesto politico. Sembra che la flessibilità gioiosa di cui parla sia in via di sparizione, sostituita da irrigidimenti e dinamiche regressive.

«Sono d’accordo. Sia il Movimento 5 stelle che la Lega non sopportano la satira. Una vignetta ironica li fa infuriare come non mai. Impostano ogni discorso secondo la logica: “O con noi o contro di noi”. Ho molti ex amici che oggi sono al Governo, dico ex proprio perché si sono rivelati intristiti, con poca capacità di ridere e quindi di tollerare la mia comunicazione satirica. Sia Salvini che Di Maio hanno come questa necessità di diffondere certezze, pur mostrando enormi incoerenze. Quando vengono beccati i loro atteggiamenti contraddittori, invece di ammettere lo sbaglio si irrigidiscono molto».

Lei non ha mai nascosto la sua fede politica. Pensa che la sinistra esista ancora?

«Per adesso, in Italia, a sinistra non vediamo che gli avanzi, i cascami delle vecchia ideologia comunista. Rimangono interessanti spunti filosofici, qualche elemento storico rilevante, ma non possiamo negare che le ideologie di sinistra abbiano rappresentato uno dei più grandi fallimenti del Novecento. Quindi dobbiamo ricercare strade nuove, senza mai perdere il sogno interiore, ma legandolo a un riformismo serio che tenga conto della democrazia».

Per il resto, sembra che le politiche attuali si basino sulla diffusione della paura.

«A oggi la costruzione della paura da parte del Governo (paura dello straniero, del diverso, del ladro eccetera) è più forte di tutto, ha più presa sulla popolazione perfino degli ideali cristiani. Come fare a spiegare agli italiani che la violenza e i pericoli non provengono dai poveracci che annegano in mezzo al mare Mediterraneo? Esiste una ridicolizzazione della logica del cuore che mi preoccupa molto. Chi aiuta l’altro viene etichettato come un buonista».

Matteo Viberti

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