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In aumento gli infortuni sul lavoro. Due casi mortali e 30 gravi nell’Asl Cn2

In aumento gli infortuni sul lavoro. Due casi mortali e 30 gravi nell'Asl Cn2

ALBA Nei settantacinque Comuni dell’Asl Cn2 ci sono stati, nel 2022, due morti sul lavoro e trenta infortuni gravi, ossia con prognosi che vanno oltre i quaranta giorni. Quest’anno, al 16 ottobre, siamo a sei morti e trentasette casi di una certa entità.

A fare il punto è Giuseppe Calabretta, medico direttore di Spresal (Servizi di prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro): «I numeri devono essere contestualizzati. Più che un problema della provincia, è di tutta Italia. Ogni decesso è un evento traumatico per le famiglie, le imprese e la società intera. Detto ciò, ritengo la situazione abbastanza sotto controllo. Negli anni il dato è calato molto, ma purtroppo credo non si riesca ad avere zero morti, bensì una tendenza prossima allo zero». Prosegue: «In ogni caso, senza voler minimizzare, la maggior parte degli infortuni mortali, da noi, riguardano titolari di aziende agricole oppure familiari operatori, che magari fanno un uso improprio dei mezzi».

Di sicurezza sul lavoro si è discusso anche nel Consiglio regionale del Piemonte.

«Il classico esempio è la rimozione delle protezioni che evitano lo schiacciamento da parte delle trattrici. Ci sono poi alcuni casi di morti avvenute in itinere, ossia durante il tragitto casa-lavoro. Altri riguardano residenti nel nostro territorio, che però lavorano altrove: ce li comunica l’Inail e dobbiamo inserirli nel computo», spiega.

Per quanto concerne le malattie professionali, «nel 2022 ci sono stati trentacinque casi, riferiti per la maggior parte a patologie muscolo-scheletriche. Quest’anno le segnalazioni sono state tredici, pari a quelle dell’anno precedente. Si tratta di casi diversi rispetto a qualche decennio fa, quando le amputazioni erano più frequenti. Facilmente, chi lavorava in una segheria si trovava senza dita o parti della mano. La provincia di Cuneo è un luogo dall’alta densità di lavori pericolosi: il fatto che i dati siano contenuti indica che la prevenzione si sta rivelando efficace».

Per avere dei numeri, anche Spresal deve attendere le indicazioni dell’Inail. «Spesso i dati definitivi arrivano con due anni di ritardo, ci sfuggono soprattutto gli infortuni non gravi. Con informazioni in tempo reale sarebbe più facile pianificare i nostri interventi. Uno strumento utile sarebbe il Sistema informativo nazionale per la prevenzione, il Sinp, previsto già nel 2008 e mai entrato in vigore». Secondo Calabretta, «oltre alle norme sul tema, che esistono, serve un cambio di mentalità. L’educazione al rispetto delle regole di sicurezza andrebbe imparata a scuola. Tra le iniziative attuate, lo scorso anno all’Enologica, abbiamo organizzato, con l’Inail, delle dimostrazioni sulla sicurezza in ambienti confinati».

Lo Spresal effettua controlli nelle aziende della zona per vedere se le norme sono rispettate.

«Visitarle tutte, comunque, è impossibile. Soprattutto perché siamo in carenza di organico. I concorsi ci sono, ma sovente vanno deserti perché la maggior parte degli interessati vogliono andare a lavorare a Torino. Anche quando partecipano e vincono, dopo un po’ di tempo chiedono il trasferimento».

 Davide Barile

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