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Se Alba dimentica Pinot Gallizio

Nell’opinione di Liliana Dematteis la città «potrebbe avere un grande ritorno dal suo artista, dedicandogli un reale progetto di valorizzazione, ma nessuno sembra avere questa intenzione»

Pinot Gallizio

ALBA «Se la cultura non si mantiene viva, muore»: Liliana Dematteis, torinese, è la presidente dell’archivio Gallizio, che ha sede a Torino. Ne è l’anima, in realtà, perché lo ha fondato nel 1999 insieme alle persone più vicine all’artista albese, morto nel 1964: la moglie Augusta Rivabella e Piergiorgio Gallizio, il loro unico figlio. Dematteis, per decenni alla guida insieme al marito Giuliano Martano di una delle gallerie di riferimento dell’arte torinese, ha iniziato a collaborare con la famiglia Gallizio negli anni ’70 ed è proprietaria di diverse opere. È così che è nato il legame dal quale nacque l’archivio, che ha lo scopo di studiare, conservare e promuovere la produzione del- l’artista albese, oltre a documenti, lettere, fotografie e tutto ciò che lo riguarda.

Nei giorni scorsi è circolata sul Web una lettera intitolata Che fine ha fatto Pinot Gallizio? Sulle tracce di un artista dimenticato dalla sua città. A firmarla, Claudia Corso Marcucci, che lamentava di aver trovato chiuso alle visite il centro studi Beppe Fenoglio, dove si trova lo Spazio Gallizio, così come il Municipio, dove si trova Il lichene spregiudicato, se non negli orari di apertura degli uffici. Aperta era invece, grazie alla Fiera del tartufo, sala Beppe Fenoglio, dove si trovano le due grandi Fabbriche del vento, in parte oscurate da pannelli pubblicitari di prodotti gastronomici.

Fino a poco tempo fa al teatro Sociale, sarebbe stato possibile ammirare La notte etrusca, che accoglieva i visitatori nell’androne di ingresso. Al suo posto, è rimasta la parete bianca (vedi box qui sotto). E nessuna traccia di iniziative come il Museo diffuso Gallizio, promosso dal Centro studi tra il 2017 e il 2019.

Una situazione che «non fa bene all’artista e al lavoro che, come archivio, portiamo avanti da oltre vent’anni per valorizzarlo. Se è un dato di fatto che la sua città non lo considera, noi continuiamo a lavorare per mantenerlo vivo, come abbiamo sempre fatto», esordisce Dematteis, che Gazzetta ha chiamato per un’opinione. «Sono molto demotivata nei confronti di Alba, ma portiamo avanti iniziative altrove, non solo a Torino. Proprio la scorsa settimana, abbiamo supervisionato l’allestimento della Caverna dell’antimateria al- l’interno di una grande mostra sull’arte immersiva, al Musée cantonal des beaux arts di Losanna». Si tratta di uno dei lavori più importanti di Gallizio, scelta insieme ad altre tredici opere fortemente innovative per quel periodo.

«In passato, abbiamo lavorato molto su Alba. Anche la fondazione Ferrero ha svolto un ottimo lavoro, basti pensare al catalogo generale delle opere del 2002. Ma purtroppo non c’è stato un seguito: le mostre vanno e vengono, serve qualcosa che resti».

A questo punto potrebbe entrare in gioco l’ampliamento del centro studi Fenoglio con la ristrutturazione dell’ex casa Miroglio, in via Manzoni (Gazzetta ne ha parlato nello scorso numero): i lavori dovrebbero iniziare nel nuovo anno, con i fondi del Piano nazionale di ripresa e di resilienza, e più volte il Comune ha manifestato l’intenzione di realizzare uno spazio espositivo con opere di Gallizio. «Sono stata coinvolta nelle fasi iniziali e ho partecipato ad alcune riunioni, ma nient’altro; oggi non faccio parte in alcun modo del progetto, l’archivio Gallizio non ha ricevuto altri aggiornamenti. Quando ci è stata prospettata la possibilità di collaborare, abbiamo esposto il nostro punto di vista: un’iniziativa del genere non nasce da un giorno all’altro, ma è necessario coinvolgere le persone giuste e fare rete. Oggi i musei, per funzionare, non devono essere concepiti come luoghi statici: devono essere vivi e dinamici. Non penso per forza alle grandi realtà: esistono musei che funzionano molto bene in piccole città, proprio perché hanno lavorato nella giusta direzione. Insomma, servirebbe andare al di là di uno spazio condiviso, come è oggi».

Dematteis si riferisce al centro studi Fenoglio, con lo Spazio Gallizio: «Ho saputo che è chiuso da tempo alle visite. Ed è qualcosa di molto triste: non lo dico perché all’interno ci sono materiali di mia proprietà, ma proprio perché l’arte dovrebbe essere vista e vissuta dalle persone. Non soltanto quando occasionalmente si presenta qualche visitatore durante la Fiera del tartufo, ma sempre».

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Giulio Parusso (1941-2014) davanti alla libreria dell’artista albese, dipinta da Piero Simondo.

In passato, in realtà, la gallerista aveva collaborato con il centro e aveva condiviso l’idea di creare un punto di riferimento per Gallizio in città: «Giulio Parusso aveva una visione di valorizzazione in linea con la mia. Per questo, ho deciso di donargli L’anticamera della morte e la libreria di casa Gallizio, oltre a un piccolo quadro raffigurante Alba. La stanza con la libreria, in particolare, interessava molto a Parusso: il Comune non gli concesse i fondi per acquistarla, così intervenni io e gliela donai, così da poterla esporre. Tolte queste opere, gli altri materiali esposti nello spazio in questione sono di mia proprietà, concessi in comodato d’uso. Alcuni contratti sono in scadenza a breve e non penso provvederò a rinnovarli».

Ma perché Alba non valorizza Gallizio? Se guardiamo agli ultimi anni, l’ultima iniziativa ampia risale al 2019, quando è stato celebrato il primo Congresso mondiale degli artisti liberi del 1956. In quell’occasione, sessantatré anni dopo, la fondazione Crc e il Museo di Rivoli hanno proposto una serie di appuntamenti, insieme a una mostra nella chiesa di San Domenico. Sempre lo stesso anno, grazie al sostegno della fondazione cuneese, al centro studi Fenoglio è stata inaugurata una nuova installazione sonora ideata per L’anticamera della morte, che si trova per l’appunto all’ultimo piano dell’edificio di piazza Risorgimento.

In precedenza, grazie a una raccolta fondi che ha coinvolto più livelli, fu acquistato Il lichene spregiudicato. Oggi, tra i progetti attivi, c’è un piccolo orto che la chiesa di San Giovanni ha realizzato nel suo giardino, con erbe officinali del Gallizio erborista. Tutte iniziative a sé stanti o transitorie, che non rientrano in un disegno complessivo.

Dematteis: «Sono convinta che, finché erano presenti personalità come Parusso, che hanno conosciuto e hanno vissuto lo stesso periodo di Gallizio, ci fossero una sensibilità e consapevolezza che oggi mancano. Da sempre appassionati di Gallizio ci segnalano la delusione di non trovare nulla dedicato a lui ad Alba, una città che ha avuto la particolarità e la fortuna di aver dato i natali a figure molto interessanti. Potremmo parlare anche di altri dimenticati, come Walter Olmo, compositore. Oggi la città potrebbe avere un grande ritorno da Pinot Gallizio, dedicandogli un reale progetto di valorizzazione, ma nessuno sembra avere questa intenzione. E pensare che, tra le sue molte sfaccettature, è stato anche consigliere comunale, parte dell’Amministrazione della sua città».

Francesca Pinaffo

L’opera tolta dall’ingresso del Teatro sociale

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La notte etrusca (dettaglio) di Pinot Gallizio

Liliana Dematteis fa chiarezza anche su La notte etrusca, la tela rimossa dal teatro Sociale, anche questa in comodato al Comune, così come le due opere in sala Fenoglio: «Da anni, tramite il nostro restauratore, chiedevamo al Comune di posizionare un sorta di protezione specifica, che ripara le opere dalla luce e dai danni derivanti dagli agenti atmosferici. Purtroppo le nostre richieste non sono state recepite e la tela è stata danneggiata: in questo momento è in corso il suo restauro e ci auguriamo di poterla riportare al suo stato originario». Va da sé che, una volta restaurata, la tela non tornerà ad Alba. «Non penso proprio che, al suo posto, concederò altro. Anche perché non ho a disposizione molte opere, soprattutto di grandi dimensioni. Parliamo di un artista che ha dedicato all’arte appena dieci anni della sua vita e non ha pertanto una produzione sconfinata. Se consideriamo le acquisizioni da parte dei musei, la maggior parte
dei lavori sono già collocati».

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