Dall’Età del ferro l’urna funeraria trovata a Priocca

È stato possibile collocare l’oggetto nella seconda Età del ferro, tra il 250 e il 100 avanti Cristo, prima dell’arrivo dei Romani nell’Albese

Dall’Età del ferro l’urna funeraria trovata a Priocca
Il restauro dell'urna alla Bottegaccia © Pinaffo

ARCHEOLOGIA Un oggetto che porta con sé diversi interrogativi, custoditi per secoli nel terreno argilloso del Roero: è un’urna cineraria ritrovata nel corso di uno scavo di Egea acque, in località Roagna di Priocca, da Anna Passoni, archeologa dell’Arcop che stava controllando gli scavi sotto la direzione della Soprintendenza per le province di Alessandria Asti e Cuneo.

È seguito il sopralluogo di Simone Giovanni Lerma, l’archeologo della Soprintendenza responsabile di zona, che ha messo in sicurezza l’urna, poi affidata ai restauratori Lorenza Centanni ed Enrico Dellapiana della Bottegaccia, affiancati da Donatella Granato.

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© Pinaffo

Secondo Dellapiana, l’urna «era piena di argilla, che nel tempo si era compattata, diventando a sua volta parte integrante dell’urna. Su un fianco, l’unico dettaglio evidente era il profilo di una lama in ferro». Per le caratteristiche dei reperti poi trovati all’interno, è stato possibile collocare l’oggetto nella seconda Età del ferro, in un periodo compreso tra il 250 e il 100 avanti Cristo, prima dell’arrivo dei Romani nell’Albese, quando in zona erano presenti diversi insediamenti. È stato condotto, a tutti gli effetti, un microscavo.

Spiega Centanni: «L’urna era senza coperchio, con un lato rotto e mancante. Per questo, si vedeva chiaramente la terra all’interno, con la lama. Man mano che procedevamo ci siamo trovati di fronte a frammenti in terracotta, anch’essi ascrivibili a oggetti rotti, che ci hanno permesso di ricostruire due ciotole e un vasetto, oltre a ritrovare la lama in ferro e una fibula, più in profondità. Poi, ancora più verso il fondo, abbiamo rinvenuto parecchi frammenti di ossa umane, oltre ad alcune piccole ossa di animale, probabilmente di un volatile».

Un quadro che si è svelato giorno dopo giorno e che ha permesso di rispondere ad alcune domande relative all’oggetto. Secondo Dellapiana, «era comune, per gli antichi, racchiudere nelle urne funerarie le offerte per le divinità: le due ciotole probabilmente avevano questa funzione, come dimostrano anche le ossa animali, che rimandano a un’offerta in cibo. All’interno dell’urna, si collocavano le ossa del defunto, che veniva cremato: era facile che le ossa non venissero del tutto polverizzate e rimanessero tracce di quanto indossato dal defunto al momento della cremazione. La fibula potrebbe spiegarsi in questo modo, così come la lama in ferro di circa 20 centimetri, che probabilmente faceva parte di un pugnale con il manico in legno: i due oggetti ci forniscono anche alcune indicazioni sul defunto, che di certo era una persona altolocata, magari un militare».

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Il terzo oggetto trovato all’interno è un vasetto ed era collocato nella parte superiore: «Da subito, ci è sembrato estraneo al resto, per via della sua posizione: è possibile che si tratti dei resti di un secondo defunto, magari familiare del primo».

«Vista la disposizione del contenuto, è probabile che l’urna sia stata disturbata in epoca successiva per poi essere ricomposta senza badare troppo alle modalità. Possiamo ipotizzare che eventuali preziosi siano stati già rimossi in passato».

Sul tavolo di lavoro dei restauratori, l’urna, le ciotole e il vasetto sono stati ripuliti e ricomposti, con i frammenti disponibili. Sono tornati visibili i colori tipici della terracotta e anche i fregi decorativi, come spiega Centanni: «L’urna, all’esterno, è caratterizzata da una decorazione digitata, che ne traccia il contorno. Una delle due ciotole, poi, è dipinta all’interno, una caratteristica particolare: di solito le decorazioni riguardavano l’esterno. Si nota un motivo geometrico, diviso in sezioni, che potrebbe rimandare agli elementi della natura».

Si tratta di caratteristiche che hanno permesso agli archeologi di confermare la datazione. Terminato il restauro come prevede la normativa, con il sostegno di Egea, l’urna probabilmente resterà ad Alba, al museo Federico Eusebio.

Francesca Pinaffo

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