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Il coraggio di Sara per tutte le donne

Bra: le iniziative per dire basta alla violenza contro le donne

LA STORIA «Nessuna prigione rinchiuderà mai la mia voce. Lotto per Mahsa e Armita, il velo è sottomissione», scandisce dal carcere Narges Mohammadi, premio Nobel per la pace 2023, attivista iraniana imprigionata dalle autorità del suo Paese dal 2016. A lei, che vive un’ingiustizia esecrabile, e a tutte le donne vicine e lontane dedichiamo la storia di Natale, nella speranza che gli uomini sappiano cogliere la Luce, liberandosi della loro brutalità.

In tempi puntuti come quelli che stiamo percorrendo ci sono vicende che annichiliscono. Anche perché, pure sull’onda emotiva del comune sconcerto per le reiterate violenze che emergono nel nostro Paese, pensiamo comunque di essere immuni dal problema. Eppure, non è così.

La vicenda di stalking che raccontiamo accade a Cherasco e mostra come la forza di denunciare possa fare marciare la macchina della giustizia. La protagonista è Sara, che oggi ha 31 anni. La giovane donna ha ottenuto in primo grado dal Tribunale di Asti una sentenza di condanna per il suo persecutore: un anno di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.

Il giudice Elio Sparacino ha stabilito la non menzione nel casellario giudiziale e la sospensione condizionale della pena, però subordinando il beneficio alla partecipazione a specifici corsi di recupero. «Questa sentenza rappresenta una giusta risposta: non solo la pena, ma pure la riabilitazione e la prevenzione», commenta l’avvocata Chiara Ambrosino.

Che cosa è successo? Siamo a maggio 2019. Sara svolge il servizio civile in Comune. È qui che il responsabile di un ufficio diverso dal suo le chiede di conservare un plico contenente dati personali, ricevendo un rifiuto dalla ragazza, istruita a non assumere iniziative in mancanza della propria tutor.

Da questo banale episodio scaturiscono una reiterata serie di comportamenti offensivi nei confronti della giovane, che nel frattempo, dopo aver vinto il concorso, è entrata in Comune come dipendente. L’uomo, Vittorio, indispettito per l’episodio, le intima di non cercare di giustificarsi, la attende all’ingresso o all’uscita del lavoro, tenta di sminuirla agli occhi dei superiori e dei colleghi, la segue. Sara è molto spaventata, vive in stato di stress, tanto che si confida con le persone che le stanno accanto. Poi, arriva la pandemia e lo smart working e lei spera di uscire dal- l’impasse.

Ma quando, a metà 2020, si torna in ufficio per Sara le cose sembrano addirittura peggiorate. Vittorio la pedina silenziosamente anche oltre l’orario lavorativo, osserva la sua auto e talvolta la imbratta. Sara si accorge di tutto, documenta i movimenti, cambia ogni giorno il luogo di sosta, talvolta l’uscita dal lavoro, chiede di essere accompagnata e infine installa una telecamera nel veicolo, registrando gli sputi dell’uomo. La denuncia viene avviata, tramite l’aiuto dell’associazione Noi4you di Cuneo, quando Sara non riesce più a sostenere l’idea di vivere una situazione di terrore costante, ma ritiene di avere diritto al suo posto di lavoro.

La ragazza avverte anche il comandante del Vigili urbani, i colleghi, il sindaco, la segretaria comunale: tutti si mostrano solidali e si organizzano per non lasciarla sola, ma non seguono provvedimenti decisivi fino alla sentenza del Tribunale di Asti.

La dichiarazione odierna del sindaco Carlo Davico è ancora poca cosa per Sara: «Per il Comune di Cherasco si tratta di un argomento delicato e complesso, perché incide direttamente sullo status personale e professionale delle persone coinvolte, che ci rammarica molto. Da parte nostra, tramite gli uffici competenti e avvocati giuslavoristi – incaricati ad hoc dal Comune, dotati di competenze specifiche del settore – porremo in essere tutti i provvedimenti necessari, dovuti e richiesti nel caso».

Maria Grazia Olivero

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