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Svegliamoci dal fondamentalismo che genera mostri

PENSIERO PER DOMENICA – PRIMA DI AVVENTO – 3 DICEMBRE

Ci sono momenti nella vita e nella storia in cui è difficile ripartire, tornare a credere nel futuro, ricostruire sulle macerie. L’Avvento che avvia questo nuovo Anno liturgico si apre nel segno di questa incertezza. Il tempo liturgico ci dà però una spinta a ripartire con le letture della 1ª domenica.

Svegliamoci dal fondamentalismo che genera mostri
La venuta del Signore, da miniatura del IX secolo, Bibbia di Carlo il Calvo (Abbazia San Paolo, Roma).

Possiamo ricostruire! È il messaggio di Isaia (63,15-17; 64,2-7). Noi sappiamo che sotto questo nome si nasconde un ignoto profeta, che ha avuto un ruolo fondamentale nella ricostruzione del tempio di Gerusalemme dopo il ritorno dall’esilio a Babilonia (526 a.C.). Immaginiamo questi schiavi, rimandati in patria con il compito di ricostruire il tempio e la città, distrutti dall’esercito di Nabucodonosor: di fronte a cumuli di rovine come quelli che vediamo a Gaza o in Ucraina. Le parole di Isaia indicano due premesse di ricostruzione: il grido, quasi disperato, a Dio, per chiedere perdono delle colpe commesse, la grazia di non perdere la speranza: «Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia e si ricordano delle tue vie».

 

Ripartiamo dal (poco) bene che c’è. È lo stile di Paolo, suggerito dall’apertura della prima lettera ai Corinzi (1,3-9). Come sempre – salvo le poche eccezioni in cui l’apostolo perde la pazienza! – egli sembra un inguaribile ottimista, che dispensa a piene mani complimenti quasi esagerati. Noi sappiamo che le comunità paoline erano molto piccole e tutt’altro che senza problemi. Tuttavia Paolo sa che l’unica strada per costruire è partire dal bene che già c’è. Sa soprattutto che il positivo presente nelle sue comunità – ma anche nelle nostre! – è un dono di Dio: «Siete stati arricchiti di tutti i doni».

 

Credere nell’impossibile. È il cuore del messaggio finale di Gesù (Mc 13,33-37), come riportato dai tre Sinottici nel linguaggio apocalittico molto di moda allora. Gesù usa l’immagine del padrone che, tornando a casa senza preavviso, rischia di trovare i servi impreparati o addormentati. Il sonno da cui guardarsi non è quello del corpo: salutare, indispensabile per vivere, recuperare forze fisiche e più ancora mentali. Il sonno pericoloso è il sonno della ragione che “genera mostri” (F. Goya): come quelli ipertecnologici che vediamo all’opera nei diversi scenari di guerra. Ancora più pericolose le varie forme di sonno dello spirito: pensiamo al fondamentalismo di chi crede solo più nella violenza o di chi fa di un pezzo di terra un idolo a cui sacrificare vittime. Vivere un Avvento di speranza è lasciarci svegliare da questo sonno e tornare a camminare in avanti.

 Lidia e Battista Galvagno

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