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Ad Alba sono nati 219 bimbi, ventitré in più

Rispetto al 2022, che ha chiuso con 196 nascite, il 2023 ha registrato una crescita e si sono registrati 219 bambini

neonato
Immagine di repertorio

ALBA Dopo la crescita dello scorso anno – 113 persone – la popolazione albese torna a scendere, in linea con il declino demografico registrato a livello nazionale. I dati, aggiornati al 30 dicembre e pertanto ancora provvisori, li anticipa a Gazzetta d’Alba l’ufficio Anagrafe: sono 31.282 i residenti sotto le torri, 131 in meno rispetto a un anno fa, quando erano 31.413. Sul totale, gli stranieri sono 3.722. Nel corso del 2023, si sono registrate 219 nascite, di cui 36 neonati di nazionalità straniera. I decessi sono stati 409, di cui 5 immigrati. Il saldo demografico è pertanto negativo di 190 unità.

Un dato merita, però, di essere sottolineato: rispetto al 2022, che ha chiuso con 196 nascite, il 2023 ha registrato una crescita, a fronte di dodici decessi in meno. Una controtendenza? Il fenomeno demografico risente anche di altri fattori, a partire dai trasferimenti: per esempio, se si confrontano i dati, si scopre che la popolazione straniera è passata in un anno da 3.772 a 3.722 residenti attuali, con una diminuzione di 50 unità. Lo scorso anno, al contrario, gli immigrati erano cinque in più.

Un altro indicatore proviene dal reparto di ginecologia e ostetricia dell’ospedale Ferrero, diretto da Alessandro Buda: nel 2023 sono nati 879 bambini, un numero in ulteriore crescita rispetto agli 836 nuovi nati dello scorso anno. È presto per tirare le somme e parlare di un’inversione del trend demografico a livello di territorio, ma il risultato può ricondursi alla crescita del reparto, che ha saputo conquistare la fiducia di sempre più genitori.

Ma qual è l’andamento demografico a livello nazionale? In Italia nascono sempre meno bambini, tanto che più del 70 per cento dei Comuni da Nord a Sud ha registrato un calo del tasso di natalità tra il 2014 e il 2020. Lo dice il portale Openpolis, che ha analizzato e comparato i dati sulle nascite relative a città e paesi, a partire dalle elaborazioni dell’Istat (Istituto nazionale di statistica). Il calo di neonati è diventato molto più marcato a partire negli ultimi dieci anni, ampliando enormemente la differenza tra la media di nascite italiana ed europea. È sufficiente prendere in considerazioni due anni diversi per rendersene conto: se nel 2011 nel nostro Paese si registravano 9,2 nascite ogni mille residenti, rispetto a una media europea di 10, nel 2022 i piccoli in Italia erano 6,7 ogni mille abitanti, rispetto a un dato europeo, pure in calo, di 8,7.

Ad Alba sono nati 219 bimbi, ventitré in più

Come si vede dalla tabella, che evidenziamo qui sopra, il nostro Paese è all’ultimo posto tra tutti i 27 Stati membri. La Francia, per esempio, ha un tasso di natalità di 10,6 neonati ogni mille abitanti, che le vale la medaglia di bronzo. Al primo posto, tra i Paesi europei, si posiziona l’Irlanda (11,2), seguita da Cipro (11,1).

Il calo delle nascite in Italia si è verificato dopo il “picco” registrato nel 2008, che aveva portato a 580mila piccoli, 9,7 ogni mille residenti. La tendenza calante, registrata da quel momento, riguarda sia le donne italiane che straniere: il tasso di fecondità, cioè il numero di figli per donna in età fertile, tra le italiane è passato da 1,29 nel 2014 a 1,18 nel 2021, così come tra le straniere è sceso da 2,06 a 1,87.

Se esaminiamo i principali centri della Granda, il quadro corrisponde. A Cuneo nel 2020 si registrava un tasso di natalità di 6,71 nuovi nati ogni mille residenti, in linea con la media italiana del 6,8: nel 2014, il dato era pari a 7,72. Il medesimo discorso vale per Alba, che è passata da un tasso di natalità dell’8,14 al 6,82, così come per Bra, dall’8,65 al 6,78. Natalità in calo anche a Savigliano, Fossano e Saluzzo. Fa eccezione, tra i Comuni più popolosi, soltanto Mondovì, che è passata da 8,12 nascite ogni mille monregalesi a 8,98.

Per tornare al 2023, a ottobre l’Istat aveva preventivato in Italia un ulteriore calo demografico, basandosi sui numeri registrati tra gennaio e giugno, con 3.500 bambini in meno rispetto al 2022. L’età media della madre alla nascita del primo figlio è stabile a 31,6 anni. La conseguenza della denatalità è chiara: la popolazione italiana è sempre più anziana, con un rapporto generazionale sbilanciato. In particolare, per ogni bambino con meno di 6 anni, ci sono più di 5 anziani. Per quanto riguarda l’indice di vecchiaia, se nel 1971 si contavano 46 over 65 ogni 100 giovani under 15 anni, oggi ne abbiamo 193: un elemento che dev’essere tenuto in considerazione nello sviluppo di politiche sociali, carenti su entrambi i fronti.

 Francesca Pinaffo

Roberta: la mia storia a “lieto inizio” all’ospedale di Verduno

UNA MAMMA RACCONTA «Ogni donna, durante il parto, perde circa mezzo litro di sangue, se si tratta di cesareo al massimo un litro». Lo spiega Roberta, confidandosi con Gazzetta d’Alba. Prosegue la giovane donna, che vive in un paese della zona. «Durante il mio secondo parto, a causa di una complicazione molto rara e inaspettata, sono stata operata d’urgenza e, al risveglio, 15 ore dopo, informata di avere perso tre litri e mezzo di sangue. Altrettanti ne sono stati trasfusi, tra plasma e sangue intero, per salvarmi la vita. La mia bambina però è nata sana e forte. Io sono stata portata in rianimazione ancora per un altro giorno».

L’esperienza è stata difficile e Roberta ha impiegato un po’ a metabolizzare l’accaduto: «Sono trascorsi alcuni mesi e tuttora mi alzo ogni mattina con lo stesso senso di gratitudine per quanto ho ricevuto: la mia splendida famiglia è un miracolo quotidiano, i ringraziamenti non saranno mai troppi e i momenti, al risveglio dall’anestesia, mai dimenticati», scandisce la mamma, che vuol dire tramite il nostro giornale: «Grazie ai medici, agli anestesisti e agli infermieri dell’ospedale di Alba-Bra Ferrero, che hanno eseguito l’operazione, appena completato il parto. Grazie al personale dei reparti di rianimazione, ostetricia e ginecologia e di neonatologia. Grazie ai donatori di sangue: attraverso il loro gesto hanno permesso una storia a lieto fine, che io definisco “a lieto inizio”».

Oltre ai ringraziamenti, Roberta tiene a fare alcune riflessioni: «Da donatrice ho mai ipotizzato che il mio sangue potesse servire ad aiutare una donna che partorisce; si pensa a incidenti stradali, infortuni, operazioni chirurgiche; non al parto, perché nella normalità non avvengono trasfusioni». Ma c’è di più: «Ho capito in questa difficile situazione quanto sia importante una sanità efficiente e pubblica. Per entrambe le gravidanze sono stata seguita dall’ospedale di Alba prima e di Verduno poi, potendo contare su personale capace, professionale, efficiente. Si dice spesso che fare il medico è una missione, ma temo che questa retorica possa svilire un lavoro che dev’essere svolto con mezzi e persone adeguati. Chiamavamo “eroi” i sanitari che durante la pandemia da Covid-19 hanno lavorato in condizioni emergenziali. Parlare di missione rischia di farci dimenticare che la sanità pubblica fatica, che il personale non è sufficiente a coprire la domanda assistenziale in aumento, che questa è una battaglia che va portata avanti per i cittadini che non possono permettersi le prestazioni private».

Conclude la donna: «Le persone che ho conosciuto durante il ricovero meritano molto. Certamente sono andate oltre l’obbligo professionale e i protocolli, spendendosi in ogni modo per farci stare meglio possibile. Non dimenticherò gli abbracci, le lacrime, i sorrisi e i momenti in cui hanno saputo trovare non so come il tempo di fermarsi accanto a me. E solo chi è passato in queste vicende sa quanto sia importante la loro presenza dopo un parto. Sono stata fortunata? No, sono stata seguita da eccellenti professionisti: un fatto, non una condizione fortuita. Non citerò alcuno, per paura di dimenticare. Io e mio marito vi portiamo nel cuore».

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