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La cultura in provincia di Cuneo vale 863 milioni di euro

La cultura in provincia di Cuneo vale 863 milioni di euro

NELLA GRANDA Con la cultura “si mangia” in provincia di Cuneo? Ancora poco. In un territorio dedito a prassi concrete, il pensiero scivola in secondo piano, assediato da uno scenario economico che spinge le persone a un crescente pragmatismo.

Secondo il Primo focus sulle imprese culturali e creative della provincia – il rapporto pubblicato dalla Camera di commercio di Cuneo a dicembre – nel 2022 il comparto ha generato sul territorio un valore aggiunto di 863 milioni di euro, pari al 4,5 per cento dell’economia locale. Il dato è inferiore alla media nazionale (5,6 per cento) e regionale (6,1). Analoga è la situazione in termini di occupati: il sistema culturale e creativo conta 13.700 addetti, pari al 4,8 per cento dei lavoratori. Pure in questo caso il valore provinciale risulta inferiore al dato italiano (5,8 per cento) e a quello sabaudo (6,4).

Le attività che maggiormente contribuiscono alla filiera sono l’editoria e la stampa (che impattano per 142 milioni di euro), i videogiochi e i software (94 milioni), l’architettura e il design (88 milioni). Sebbene il valore aggiunto mostri un incremento dell’8,4 per cento tra il 2019 e il 2022, il numero delle imprese risulta in contrazione, segnando un -0,9 per cento. Si tratta di una diminuzione più severa rispetto a quella registrata a livello regionale (-0,3 per cento) e in controtendenza rispetto all’andamento su scala nazionale (+0,3). Responsabili di questa caduta sono il mondo dell’editoria (che segna un -8,8 per cento di valore aggiunto nel triennio), le imprese che operano con il patrimonio storico e artistico (-7,7%), l’architettura e il design (-1,6%).

Eppure il presidente della Camera di commercio di Cuneo Mauro Gola ha dichiarato: «La cultura rappresenta un fattore strategico, capace di generare ricchezza e posti di lavoro: il comparto creativo è motore d’innovazione per l’intero sistema, in grado di garantire crescita economica in settori che vanno dal turismo alla manifattura».

In questo quadro abbiamo ampi margini di sviluppo, ma il fatto che Alba e Bra stiano cercando di diventare, insieme al loro territorio, Capitale della cultura per il 2026, potrà fornire una svolta importante per l’intera Granda. Anche a prescindere dai risvolti in termini economici, è la dimensione umana e spirituale a beneficiare della presenza di attività culturali autentiche, di qualità e ad alta potenzialità espressiva. Investire sulla cultura significa assicurare un futuro più connesso, intriso di bellezza e connotato da maggiore sostenibilità.

Tuttavia, proprio nelle scorse settimane le imprese piemontesi dello spettacolo dal vivo associate ad Agis hanno denunciato lo stato di difficoltà in cui versa il settore. Sarah Disabato, capogruppo del Movimento 5 stelle, ha presentato in Consiglio regionale un’interrogazione, dichiarando che le imprese culturali svolgono «un ruolo fondamentale nella società, contribuendo in modo significativo al benessere individuale e collettivo, alla promozione della conoscenza, all’educazione e all’inclusione. Un valore aggiunto per il nostro Piemonte, che va difeso e sostenuto. I ritardi nei versamenti dei contributi pubblici rischiano di mettere in grave difficoltà associazioni e imprese, costrette ad alzare l’esposizione bancaria, con conseguente emorragia d’interessi da versare».

La Giunta di Alberto Cirio ha già risposto che entro la fine del 2023 la maggior parte dei contributi è stata saldata: al momento in cui scriviamo sono state distribuite risorse per 63 milioni di euro su un totale di 84.

Secondo una ricerca pubblicata dall’Osservatorio culturale del Piemonte (Ocp), le cose non vanno male in regione: sono oltre 10mila le imprese che afferiscono ai comparti dell’architettura, del design e della comunicazione, accorpate sotto la voce “industrie creative”. A queste corrispondono 1,2 miliardi di euro di valore aggiunto e poco meno di 24mila addetti.

Le circa ottomila attività nei comparti audiovisivo, musica, videogiochi e software, editoria e stampa – l’insieme delle cosiddette “industrie culturali” – hanno invece prodotto circa 2,7 miliardi di euro di valore, impiegando 37mila persone. Inoltre, sono duemila le imprese di arti performative e visive, a cui si associano 412 milioni di euro di introiti e settemila occupati.

Nel 2022 si contavano in Piemonte circa 300 imprese culturali in più e si registrava un aumento del valore aggiunto prodotto di circa 382 milioni di euro (+9,2 per cento sul 2021) e degli occupati (+4 per cento). I ricercatori dell’Ocp spiegano: «Dopo due anni segnati dalle turbolenze della pandemia, si è registrata una ripresa del sistema culturale nel suo insieme, che ha interessato, seppur con pesi diversi, tutti i comparti e tutte le province, ma che risulta essere trainata dalle aziende di videogiochi e software».

Matteo Viberti

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