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Ringiovanire l’Europa nell’anima e nel corpo

Arrivare vivi alle elezioni europee

POLITICA INTERNAZIONALE «Ci si mette molto tempo per diventare giovani», diceva Pablo Picasso a proposito di un artista. Può valere anche per quell’opera di “arte politica” che è l’Unione europea che, con oltre settant’anni di vita, non ha il vigore e la capacità creativa propria della giovinezza. O meglio: una giovinezza la Comunità europea la visse con successo nei suoi primi vent’anni di vita, poi dall’allargamento del 1973 cominciò a crescere e a invecchiare perdendo la sua “spinta propulsiva”, salvo in alcune sue fasi più feconde, come a cavallo degli anni ‘90.

Trent’anni dopo l’Unione europea mostra i segni di un decadimento senile e per l’età della sua popolazione e per la stanchezza delle sue politiche frammentate tra Paesi più in competizione che in cooperazione tra di loro, come testimoniato anche a fronte dell’irruzione di due guerre ai suoi confini.

È molto vecchia la popolazione dell’Ue, dove l’età media s’aggira attorno ai 44 anni (ma 48 anni in Italia), con Usa e Cina attorno a quota 38, con prospettive per quest’ultima di ulteriore forte invecchiamento, mentre altre due grandi realtà mondiali possono far valere l’età media di 28 anni in India e di 18 anni in Africa.

Potrebbero bastare questi numeri per delineare il futuro del mondo, con l’India già oggi il Paese più popoloso della Cina, con la quale competerà con buoni margini di vantaggio, e con un continente africano che non mancherà di sorprenderci nei prossimi anni.

Tutta un’altra storia quella dell’Unione europea, vecchia per la popolazione attuale e con una demografia in caduta libera nei prossimi anni, al punto che i suoi abitanti in età lavorativa potrebbero scendere dagli attuali 265 milioni a 258 milioni nel 2030 fino ai 220 milioni nel 2050. Con una prima conseguenza a breve termine quando, nel 2030, verranno a mancare 7 milioni di lavoratori sul nostro mercato del lavoro e dovremo sperare nei rinforzi che potranno arrivare dai flussi migratori, a patto che siano sostenuti da politiche di accoglienza e formazione.

Purtroppo però l’Ue è vecchia non solo nel suo corpo di ultrasettantenne, ma anche nell’anima di un progetto che fu straordinario negli anni ‘50 e ‘60, ma che si è andato raffreddando e oggi non scalda più il cuore dei suoi cittadini. Niente di troppo sorprendente né di necessariamente drammatico quando si è consapevoli che il processo di riunificazione continentale ha registrato negli anni, e in questi ultimi in particolare, degli scossoni inattesi, forse troppo trascurati da governi nazionali paralizzati sulle loro politiche interne fino a paralizzare anche quelle europee.

Due tragiche guerre ai confini dell’Europa negli ultimi due anni raccontano di un’Unione europea che troppo poco ha operato per la pace e stenta tuttora a farlo, credendo di potersi mettere al sicuro con le armi. Forse potrà riuscirle per proteggere le generazioni che se ne stanno andando, molto meno per quelle che verranno e che temono per la pace e la salvaguardia del Pianeta.

Ci vuole un’Europa giovane per parlare ai giovani: giovane nella visione del futuro che non sarà più quello di una volta, giovane per i progetti da mettere in cantiere, giovane per le sue Istituzioni invecchiate nel tempo, e ormai con poco coraggio, e giovane anche per i responsabili politici che saranno chiamati a guidarla nel mare in tempesta che è il nostro.

Le prossime elezioni europee offrono un’occasione preziosa per questa iniezione di giovinezza, cui dovranno dare un contributo anche le generazioni di chi è giovane da più tempo, ricordando con riconoscenza quanto dalla vecchia Europa hanno ricevuto.

Franco Chittolina

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