Quei momenti in cui la Parola scalda i nostri cuori

Quei momenti in cui la Parola scalda i nostri cuori

PENSIERO PER DOMENICA – TERZA DI PASQUA – 14 APRILE

Il Vangelo della terza domenica di Pasqua (Lc 24,35-48) narra il ritorno dei due discepoli da Emmaus. Stanchi – avevano percorso in un giorno 22 km! – ma pieni di entusiasmo, vanno dagli apostoli, rimasti chiusi nel Cenacolo e raccontano loro due cose: ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane. È la premessa perché anche gli altri lo riconoscano.

 Gesù si rivela mentre raccontano queste cose. Una delle condizioni per incontrare Cristo è parlarsi, riflettere insieme su temi di fede, in piccoli gruppi. Probabilmente all’inizio era questo il primo momento della celebrazione eucaristica, la liturgia della Parola. Oggi è difficile riconoscere questa prassi, perché nelle nostre celebrazioni c’è uno che parla e tutti gli altri che ascoltano. Negli anni del post concilio questo momento riviveva negli incontri di gruppo, di lettura e riflessione sulla parola di Dio e su temi di vita. Tante persone, in quegli anni, proprio in momenti come questo, hanno incontrato Gesù o approfondito la loro relazione con lui. Oggi se ne sente la mancanza e forse è una delle cause della crisi della fede. Ci mancano i momenti in cui la Parola ci scalda il cuore.

 Gesù si rivela quando la Parola diventa vita. È l’indicazione sia della prima lettura (At 3,13-19) sia della prima lettera di san Giovanni (2,1-5): «Chi osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto». La fede in Cristo risorto tocca tutti gli aspetti della vita. Certo la sfera intellettuale, in cui primeggia la riflessione sulla Bibbia. Certo la celebrazione liturgica: lo “spezzare il pane” ricordato dal Vangelo. Ma poi la fede nel Risorto deve toccare la vita, diventando esperienza di amore, nella linea indicata dai dieci comandamenti.

 ANNO DELLA PREGHIERA / 11Pregare è convertirsi. Un filo conduttore che lega le tre letture è la “remissione dei peccati”, cioè la liberazione dell’uomo dai suoi limiti. Il perdono, come suggerisce la parola, è un dono gratuito di Dio, ma deve essere atteso, riconosciuto e accolto dall’uomo. Possiamo prepararci ad accogliere questo dono con la preghiera, fatta non di belle parole ma di gesti concreti. Per dirla con le parole di Pietro: «Pentitevi e cambiate vita». Predicare «la conversione e il perdono dei peccati» è la consegna di Gesù risorto ai discepoli incontrati nel Cenacolo. La preghiera c’entra in tutto questo? Sì. Lo ricordava spesso don Gasparino: «Pregare è cambiare. Se vuoi scoprire se hai pregato, guarda se la tua vita è cambiata!».

 Lidia e Battista Galvagno

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