Vinitaly al via a Verona. Vola l’enoturismo e si punta ai 10 miliardi di export

brindisi vino
Foto di repertorio

VERONA Il bello, il buono e il business. Ricomincia da tre Vinitaly 2024, a Veronafiere da domenica 14 a mercoledì 17, e sfodera tutte le carte migliori per raccontare il vino italiano al mondo in un compendio di arte, con quadri di Pablo Picasso e Renato Guttuso insieme a capolavori degli Egizi fino ai tempi moderni, musica e qualità produttiva che rendono speciale fare l’esperienza di una visita alle aziende del Vigneto Italia, portando a triplicare i volumi di export negli ultimi 20 anni, come evidenziato da Coldiretti.

A tracciare questa emozione è, all’ingresso di Vinitaly, lo stand del ministero dell’Agricoltura presentato in anteprima dal ministro Francesco Lollobridiga alle delegazioni degli oltre 30 Paesi presenti alla ministeriale dell’Organizzazione internazionale della vigna e del vino, per la prima volta tenutasi a Veronafiere, in occasione del centenario dell’Oiv.

In mostra, nello stand istituzionale del Masaf, capolavori di ogni tempo di importanti musei, tra cui quello del vino di Torgiano, e una bottiglia di Tignanello, supertuscan dei Marchesi Antinori, scampata alle bombe in Ucraina e donata dal ministro ucraino al collega Lollobrigida.

«Qui rappresenta la solidarietà al popolo ucraino e un messaggio di speranza» sottolinea Lollobrigida. E in un momento di crisi belliche su più fronti e di riduzione della capacità di acquisto delle famiglie «è fondamentale – secondo Lollobrigida – aprire nuovi mercati e rafforzare quelli già aperti».

Col presidente dell’Ice Matteo Zoppas che ribadisce la volontà di far crescere, attraverso la promozione, l’export del vino da 7,7 miliardi a 10 miliardi nei prossimi anni. «Seminiamo per far crescere, lo faremo da qui a Chicago dove stiamo organizzando una nuova fiera con Vinitaly» fa sapere il presidente di Veronafiere Federico Bricolo. E c’è un ragionato ottimismo tra i produttori delle 131 etichette in scena alla degustazione di Vinitaly OperaWine, una schiera di griffe del made in Italy selezionate dall’americana Wine Spectator.

Le persone di fidano delle aziende che conoscno

«È un momento molto particolare per la storia del vino, – commenta Urs Vetter, responsabile commercio con l’estero di Vietti, a Castiglione Falletto  – si spende meno in tutto il mondo al ristorante ma, come è successo con la pandemia, la gente si fida più delle aziende che conosce. Si dà fiducia ai marchi noti, ma c’è anche voglia di conoscere. Da qui la ripresa dell’enoturismo con belle presenze nelle Langhe a febbraio di enoappassionati brasiliani, poi degli americani, e nel fine settimana degli italiani».

«L’enoturismo tiene – conferma Antonio Capaldo di Feudi San Gregorio – ed è una grande opportunità sì economica, ma anche per ripensare l’azienda più aperta e accorciare la filiera». Per Piero Mastroberardino, alla guida dell’omonima azienda campana, «tutti sono sul chi vive e davanti a una concentrazione di mercati bisogna individuare i propri target per mantenere i volumi di export. Occorre talvolta avere il coraggio di cambiare format: noi ad esempio da quando abbiamo trasformato il resort in osteria di qualità abbiamo una clientela di giovani».

Il presidente del gruppo Lunelli, Matteo Lunelli considera «il contesto sfidante. Le famiglie e i giovani fanno fatica ma apprezzano sia collaborazioni come quella tra Ferrari Trento e la Formula1 sia i valori sottesi dietro un brand. Anche una bollicina di alta gamma deve essere eccellente a 360 gradi, dall’impatto ambientale all’innovazione».

Dalle Dolomiti Anselmo Guerrieri Gonzaga testimonia per l’azienda San Leonardo un ultimo trimestre in ripresa del 31%. «l’Italia dove vendiamo metà produzione va benissimo e non possiamo lamentarci dell’andamento in 67 Paesi esteri». «

Forse dobbiamo mettere da parte il pessimismo – sprona una signora dell’Amarone come Sabrina Tedeschi – e guardare il bicchiere mezzo pieno. A Vinitaly c’è fermento, abbiamo ricevuto nuove richieste di incontro a conferma dell’appeal del vino italiano»: Ottimista anche il vice presidente del gruppo Zonin, Francesco Zonini: «i dati di mercato – osserva – non sono sempre allegri ma gli Usa sono un punto fermo e continuano a remunerare bene la filiera. Vola l’enoturismo: tutti vogliono vivere esperienze legate al vino e gli americani si stanno innamorando di nuovo dell’Italia».

Ansa

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