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Arpa: la monocoltura dei vigneti uccide la biodiversità locale?

L’uso di diserbanti non aiuta neanche il paesaggio
Vigneto trattato con diserbanti

AMBIENTE In provincia di Cuneo il consumo di suolo, ovvero la superficie cementata e priva di verde naturale, raggiunge una percentuale del 5,31%. Una quota più bassa rispetto a quella piemontese (pari al 6,7%) eppure da considerarsi “critica”, perché risulta in incremento nel corso del tempo e in secondo luogo perché corrisponde per estensione a circa 250 campi da calcio.

Nella Granda il 16,5% del territorio è “area protetta” contro il 16,7% regionale. I dati del dossier socioeconomico curato dal Centro studi e ricerche della fondazione Crc e pubblicato nelle scorse settimane, raccontano una realtà critica dal punto di vista ecologico: Cuneo si colloca alla trentesima posizione sulle 107 province italiane per numero di alberi in aree di proprietà pubblica e alla 59esima per impatto delle Pm10 (le polveri sottili che inquinano l’aria). Tutto questo incide sulla biodiversità e sulla salute della terra provocando danni alla flora, alla fauna e agli equilibri ambientali.

Non mancano però esperienze positive: persone che lottano per l’ambiente attraverso pratiche quotidiane. Alcuni buoni esempi riguardano pure le Langhe e il Roero e avvengono nel mondo del vino.

«Sono sempre più numerosi i produttori che mirano a una forma di sostenibilità che possa apportare benefici multipli preservando i servizi ecosistemici, aumentando la diversità di specie e l’efficienza nell’uso dell’acqua e dei nutrienti del suolo», hanno spiegato a inizio dicembre i ricercatori di Arpa Piemonte durante il convegno “Buone pratiche per la biodiversità in vigneto”, che si è tenuto in provincia di Novara. Le colline circostanti ad Alba erano tra le protagoniste dell’incontro, visto che la monocultura intensiva della vite e l’impiego massiccio dei fitosanitari (prodotti chimici per proteggere la vite dalle malattie) stanno mettendo a dura prova specie vegetali e animali.

Come ha spiegato il ricercatore Enrico Rivella, «l’impressione è che ci siano sempre più viticoltori che aderiscono a certificazioni biologiche, ma anche ai protocolli di produzione integrata del Sistema di qualità nazionale di produzione integrata (Sqnpi), con l’obiettivo di impostare un uso meno dispersivo in ambiente di prodotti di sintesi». Rivella aggiunge che rispetto alle normative europee è sempre più urgente la necessità di modulare le attività agricole non solo in funzione della produzione, ma anche del rispetto degli ambienti naturali, della flora e della fauna.

Si tratta di un mutamento di paradigma radicale che equipara per importanza le esigenze di vendita e di profitto a quelle ecologiche. Un recente screening effettuato da Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ha dimostrato che molti prodotti fitosanitari utilizzati attualmente nei vigneti convenzionali del Piemonte sono capaci di produrre “effetti tossici o molto tossici” per gli organismi animali, vegetali e del suolo. «Pertanto il principio generale della sostenibilità coincide con la riduzione, sostituzione o eliminazione dei composti tossici per varie comunità biologiche selvatiche», conclude Rivella.

«Le aziende dovrebbero impegnarsi a non utilizzare le sostanze tossiche per organismi acquatici e terrestri, a una distanza di tolleranza da decidere con gli enti di gestione del sito Natura 2000 (piattaforma europea per la gestione e protezione della biodiversità). Solo così si potrà preservare la salute collettiva».

 Valerio Re

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