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Manipolare le notizie è un pericolo per tutte le democrazie liberali

Chittolina: «Il tema dell’informazione alterata ha già una lunga storia alle spalle, favorita dalle grandi piattaforme informatiche con sempre più ridotte verifiche delle fonti»

Manipolare le notizie è un pericolo per tutte le democrazie liberali

FAKE NEWS In un contesto mondiale attonito per la violenza delle parole e degli atti che hanno accompagnato l’insediamento di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, i seminari “Fake nEUs. Democrazia e disinformazione nell’Ue”, organizzati da Apice a Boves con quattro settimanali cuneesi – La Guida, Gazzetta d’Alba, Il Monregalese e La Fedeltà – assumono un carattere di urgente attualità.

Il partecipato incontro di fine gennaio ha chiarito che la disinformazione ha assunto una portata senza precedenti grazie alle nuove tecnologie: Brexit, Covid-19, cambiamenti climatici, migrazioni, ingerenze straniere nei processi democratici non sono che i capitoli più eclatanti della vita comune presi di mira dalle fake news. Ne parliamo con Franco Chittolina, fondatore e presidente di Apice, l’Associazione per l’incontro delle culture in Europa.

Franco Chittolina
Franco Chittolina

Come giudica la situazione internazionale dal punto di vista della penetrazione della disinformazione, Chittolina?

«Nell’attuale contesto di forti turbolenze politiche mondiali, segnate da clamorose infrazioni alle regole fondamentali della democrazia, come il valore dell’uguaglianza e della libertà di espressione, il ruolo della libera e corretta informazione sembra un argine, seppur sottoposto a una pressione che potrebbe abbattere quello che resta delle difese dello Stato di diritto. Quanto sta avvenendo negli Stati Uniti non è il solo motivo di inquietudine, perché il tema dell’informazione manipolata e alterata, conosciuta come la produzione in rapida crescita di fake news, ha già una lunga storia alle spalle, favorita dallo sviluppo delle grandi piattaforme informatiche che funzionano come moltiplicatori dell’informazione, con sempre più ridotti filtri e verifiche delle fonti. Per una volta almeno l’Unione europea non si è fatta cogliere di sorpresa: ormai da almeno una decina d’anni, sta lavorando per contrastare questa malainformazione, cercando di trovare un difficile equilibrio tra libertà di espressione e rispetto dei diritti delle persone, in un contesto di grandi disuguaglianze che provocano prevaricazioni a spese delle fasce più deboli della popolazione».

Dopo aver conquistato uno spazio imprescindibile nella vita di tutti, la digitalizzazione della società rivela il suo volto: i padroni delle piattaforme sono gli uomini più ricchi del mondo e manovrano anche le leve della politica, mentre la disinformazione sta minando il sistema democratico, lanciando fake news di cui molti sono inconsapevoli fruitori e divulgatori. Come si può dunque reagire?

«Reagire all’intreccio perverso rappresentato da poche e potenti piattaforme informatiche non sarà impresa facile, tenuto conto della loro natura privata, fuori controllo dal regolatore pubblico, ridotto a mettersi a servizio di interessi miliardari, come appare chiaramente, anche se forse provvisoriamente, tra Elon Musk e Donald Trump. Il contrasto non può che essere esercitato da un attore globale come l’Unione europea, chiamata a rivedere le misure già adottate per renderle più efficaci almeno sul territorio comunitario: un’impresa che per riuscire deve contare sulla leale collaborazione dei suoi Paesi membri, alcuni dei quali si stanno allontanando dal rispetto dello Stato di diritto mentre altri si illudono della forza della “nazione”, inevitabilmente preda e vittima di negoziati bilaterali con gli Stati Uniti. Per questi ultimi valgano le parole del presidente Mattarella: “I Paesi dell’Unione si dividono in due categorie: i Paesi piccoli e quelli che non hanno ancora capito di essere piccoli anch’essi”».

La perdita di credibilità dell’informazione tradizionale – dai giornali cartacei alle televisioni – favorisce la legittimazione di un’infodemia senza controlli o ne è la vittima?

«Per l’informazione la credibilità dovrebbe essere tutto: giornali e televisioni lo sapevano e hanno arginato come potevano la malainformazione, grazie anche alla possibilità per lettori e spettatori di confrontare voci diverse. L’irruzione dei social ha sconvolto il paesaggio dell’informazione, facendo prevalere sensazionalismo e superficialità; così, insieme con i fatti, sono scomparse anche le fonti o, almeno, la capacità di una loro verifica. Risalire la china sarà un percorso piuttosto lungo: va contrastata la povertà educativa segnalata da più parti, con ricadute pesanti nelle nuove generazioni, mentre le precedenti sono spesso affette da analfabetismo funzionale per l’incapacità di leggere e comprendere anche messaggi elementari».

 Maria Grazia Olivero

Vita mea, mors tua: Trump non riesce a concepire un mercato comunitario

Contro tutti i pronostici: Donald Trump a un passo dalla Casa Bianca

Ora il presidente americano se la prende con l’Europa proprio per l’eccesso di regolamentazione, mentre l’Ue non sembra ancora in grado di reagire in modo chiaro alle sue provocazioni, costretta tra due fuochi: le minacce ibride della Russia e le pretese di Trump. Chittolina, il nostro continente deve aver paura o piuttosto rispondere con una sola voce?

«Non stupisce che il vecchio/nuovo presidente americano veda come fumo negli occhi gli “eccessi di regolamentazione” di cui, a suo giudizio, sarebbe responsabile l’Unione europea. E questo per almeno due ragioni: la prima, perché la sua concezione liberista di un mercato sciolto da vincoli, dove vinca il più forte in una contesa di vita mea, mors tua, non può convivere con il progetto del mercato comunitario, orientato
a un’economia sociale altamente competitiva, come dichiarato nel Trattato di Lisbona. Su questo le due sponde dell’Atlantico sono molto distanti, tanto per quanto
s’intende a proposito di dimensione sociale del mercato, accompagnato nell’Ue da regole e tutele di welfare, quanto per il concetto di competizione che qui viene coniugato con quello di cooperazione, alla base di una comunità multilaterale, un profilo aborrito da Trump. Su questo fronte l’Ue non ha ragione di avere paura, consapevole della propria forza economica, dei suoi 450 milioni di consumatori (sono quasi un terzo in meno quelli Usa), delle ingenti risorse provenienti dalla sua capacità di risparmio privato, senza contare possibili alternative per futuri flussi commerciali nel caso fosse aggredita oltre misura dai dazi finora solo minacciati». 

m.g.o.

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