San Giuseppe di Castagnito: una casa per chi non ce l’ha

Dopo dieci anni e oltre 25 famiglie accolte il vecchio asilo di San Giuseppe ha preso la forma – più strutturata e “ufficiale”, ma sempre attenta alla persona – della social housing. A benedire i locali, domenica 10 giugno, il vescovo, mons. Giacomo Lanzetti, e don Renzo Costamagna, che ha dato corpo all’idea, con il sostegno del Consiglio pastorale ed economico e il valente apporto di Stefania Mina, che ha curato la ricerca fondi, e di Carla, la sua perpetua di 87 anni.

Racconta don Renzo: «Dieci anni fa, i Carabinieri mi chiesero di accogliere un disperato, che si riparava sotto il ponte del Tanaro. Aprii le porte del vecchio asilo. Non le richiusi più». Da allora le stanze sistemate alla bell’e meglio vennero divise in cinque mini appartamenti, tutti dotati di bagno, camera, cucina, arredi nuovi, belli, curati nei particolari. Da allora vi trovarono accoglienza famiglie numerose e persone sole, immigrati e italiani, chi per poche settimane chi per alcuni anni. In quelle stanze si sono riunite famiglie, è nato un bimbo, qualcuno ha chiuso gli occhi per sempre. Abbandonate dagli anni Cinquanta, quando se ne andarono le Suore cottolenghine della Piccola casa della divina Provvidenza, quelle stanze si sono riaperte alla vita.

Essenziale, per la ristrutturazione (dell’edificio ma anche della struttura organizzativa) è stata la partecipazione al bando della Compagnia di San Paolo, che nel 2011 ha assegnato alla parrocchia di San Giuseppe – unica nella Granda – 80.000 euro. Altrettanti sono stati reperiti con gli sforzi dei parrocchiani, i contributi di vari sponsor e delle fondazioni che fanno capo alle Casse di risparmio di Torino e Cuneo. Così la ristrutturazione è stata ultimata. Nei cinque mesi occorsi per i lavori, la social housing di San Giuseppe ha spostato le famiglie in un palazzo messo a disposizione da un privato (presso il quale si è fatto garante il parroco), si è data un regolamento, ha stabilito in 180 euro il contributo mensile per l’affitto (fatte salve situazioni di gravissimo disagio) e la durata massima della permanenza (18 mesi). E se la ristrutturazione ha imposto delle restrizioni burocratiche (canone e durata della locazione), resta inalterata l’attenzione “globale” alla persona.

Spiega don Renzo: «In questi anni abbiamo aiutato chi arrivava da noi a trovare lavoro in aziende o presso famiglie che cercavano badanti, abbiamo fornito sostegno nella compilazione dei permessi di soggiorno o dei moduli per ottenere residenza, assistenza sanitaria, riconoscimento delle patenti o dei titoli di studio ottenuti all’estero». Un moto virtuoso che ha tra i punti di forza la rete di collaborazioni instaurata: «Ogni settimana dall’ufficio della Caritas parrocchiale, presso la parrocchia del Divino Amore a Baraccone, passano un centinaio di utenti, attraverso i quali diamo sostegno a circa 250 persone. Vestiti, mobili e alimenti vengono distribuiti grazie al Banco alimentare e all’operato dei tanti volontari che raccolgono e rimettono a nuovo quanto la gente offre». Un “moto” carico di soddisfazioni, chiude don Renzo: «Aiutare, accogliere gli altri fa bene a noi stessi. I castagnitesi hanno superato le diffidenze e l’hanno capito, mi hanno capito. E poi anche aiutato. Per questo li ringrazio».

Valeria Pelle

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