Ultime notizie

Progetti di crescita per lo spumante Alta Langa

Progetti di crescita per lo spumante Alta Langa

VINO Le tappe dell’Alta Langa Docg sono note: a marzo del 1990 ha preso avvio il Progetto metodo classico in Piemonte; dodici anni dopo, finita la sperimentazione, il Piemonte ha ereditato il suo spumante metodo classico a Doc, l’Alta Langa appunto. Poco più di otto anni dopo (21 febbraio 2011), l’Alta Langa è diventato Docg, candidandosi a essere le “alte bollicine piemontesi” come dice lo slogan del Consorzio di tutela. A più di un quarto di secolo dall’avvio di quel progetto, è opportuno fare il punto sullo sviluppo di questo prodotto e sulle sue capacità di contribuire all’immagine del vino piemontese.

Il cuore storico dei vigneti. Il primo impulso allo sviluppo viticolo dell’Alta Langa è venuto proprio dal progetto sperimentale. La necessità di testare in concreto sulle colline piemontesi il comportamento di alcuni cloni di Chardonnay e Pinot nero specializzati nella produzione di uve da spumante metodo classico fece sì che si mettessero a dimora nella futura zona di origine oltre 60 ettari di vigneti sperimentali. Questi hanno fornito utili informazioni per orientare nel modo migliore la produzione del nuovo spumante. Ma il loro ruolo si è protratto anche nella successiva fase produttiva e oggi rappresentano il cuore storico del potenziale viticolo dell’Alta Langa.

Alla fine della sperimentazione, ci si poteva aspettare uno sviluppo immediato sia nella superficie vitata che nella produzione. Invece, come ogni nuovo prodotto, l’Alta Langa ha avuto bisogno di un periodo di rodaggio, in pratica tra il 2002 e il 2012. In quel decennio, pareva una promessa non mantenuta. C’era chi non capiva la necessità di un nuovo spumante a base di Chardonnay e Pinot nero; inoltre, il boom di consumo degli spumanti era appena agli inizi e il gruppo storico dei produttori di queste uve e vini temeva che lo sviluppo scappasse di mano e che il giocattolo si rompesse.

La svolta. Il 2016 sembra l’anno della svolta. Ricordano Giulio Bava e Giovanni Carlo Bussi, presidente e vicepresidente del Consorzio Alta Langa: «Dai 70 ettari di pochi anni fa siamo passati a 110 e adesso puntiamo ai 200. Se nel 2012 si producevano 5.800 quintali di uva per Alta Langa (pari a circa mezzo milione di bottiglie), il millesimo 2016 porterà 760mila bottiglie da 8.850 quintali di uva. In quattro anni la crescita è stata del 48%. Nel frattempo, sono state progettate altre vigne. Quando tutte saranno interamente in produzione, fra 4 anni, le bottiglie saranno 2 milioni».

Oggi i soci del Consorzio sono 85, in gran parte viticoltori: 17 sono le case spumantiere che pensano anche alla produzione del vino e a venderlo. Molti dei produttori di oggi sono quelli che hanno dato vita al progetto sperimentale, ma al loro fianco si sono aggiunti nuovi interpreti. E questo è importante perché significa che il messaggio è caduto in terra fertile. Insieme lavorano per sviluppare un vino, una denominazione e un territorio: chi pianta una vigna per Alta Langa sa che è un impegno importante perché il vino sarà pronto non prima di sei anni.

Il mercato, per ora, è prettamente italiano, ma ci sono le premesse per distribuirlo anche all’estero. Lo fa sperare il gruppo dei produttori che firmano le bottiglie Alta Langa, molti dei quali prima di produrlo hanno basato i loro successi su vini di prestigio come Barolo, Barbaresco, Barbera d’Asti e altri.

Giancarlo Montaldo

 

Banner Gazzetta d'Alba