Ultime notizie

Impariamo il significato di “Giandoja” con Paolo Tibaldi

Impariamo il significato di "Giandoja" con Paolo Tibaldi

ABITARE IL PIEMONTESE

Giandoja: Tipica maschera carnevalesca piemontese. Tipo di cioccolata con pasta morbida alle nocciole

Giandoja, nasce per opera di Giovan Battista Sales che, intorno al 1.600 soleva muovere burattini di legno e recitare frasi spiritose contro il malgoverno: sagaci freddure e tante bastonate in testa. La gente si divertiva ed applaudiva. Proprio a Sales, confinato dai francesi nell’astigiano per diffamazione a Napoleone e suo fratello, venne vietato di utilizzare la figura o, per lo meno, il nome di Gerolamo (o Giròni) che venne proprio sostituito con… Giandoja! L’origine di questo nome è controversa: c’è chi la riconduce alla definizione “Gioan d’la douja” (Giovanni del boccale) e chi sostiene che deriverebbe dalle parole francesi “Jean Andouille” (Giovanni salsiccia).

Esso aveva un viso rubicondo: il suo abito originale era il classico di foggia settecentesca, con giacca di panno marrone orlato di rosso, farsetto giallo, calzoni verdi e corti, calze rosse e scarpe basse con fibbia d’ottone. In capo era posato, sopra un parrucchino con il lungo codino dalla punta rivolta verso l’alto, un classico tricorno riportante una coccarda tricolore.

I piemontesi accolsero subito con grande simpatia questo nuovo personaggio che sembrava incarnare non soltanto lo spirito arguto e gioioso della regione, ma anche le sue aspirazioni libertarie e le sue istanze patriottiche. Giandoja rappresentava, oltre che il contadino dotato di buon senso e capacità pratica, dall’aria apparentemente ingenua, amante degli scherzi e delle belle ragazze, anche lo spirito indomito del popolo piemontese. Ad accrescere la popolarità di Giandoja, contribuirono i fratelli Lupi e successivamente l’attore Giovanni Toselli.

Dal suo nome deriva poi quello della Cioccolata di tipo Giandoja e del relativo cioccolatino “Gianduiotto” alla nocciola, entrambe specialità torinesi. I cioccolatini venivano distribuiti dalla maschera durante la festa del carnevale, incartati nei caratteristici involucri esagonali in alluminio, ancora oggi in voga. Come salutarci se non con un detto tipico del periodo carnevalesco?

Ij-è nan r’ultim dì ‘d carvé, sansa ch’a i-i sìa lun-a neuva ëd fëȓvé.

I-ij è nen Vene Sant, sensa ch’a i sia Lun-a ‘d Mars ën caland.

Banner Gazzetta d'Alba