Con Paolo Tibaldi impariamo il significato della parola “Tabaleuȓi”

Abitare il Piemontese: con Paolo Tibaldi impariamo il significato di "Suagné"

ABITARE IL PIEMONTESE

Tabaleuȓi: persona imbranata, rimbambita, dura di comprendonio

Sfatiamo, anche questa volta, il mito per il quale la lingua piemontese sia giudicata frivola e, per molti, desti risate facili a prescindere; la linea sottile è individuare e imparare, tutti insieme, cose utili divertendoci; sapere cosa c’è dietro ad una parola così pittoresca ed esclamativa come, appunto, quella di questa settimana: tabaleuȓi.

Numerose sono le sue declinazioni: uguale al singolare e al plurale, è usualmente sfoggiata per sentenziare un giudizio verso qualcuno di cui non si ha troppa stima…spesso e volentieri si tratta di uomini.

Ma perché proprio questa parola? Forse i piemontesi pensavano che i “suonatori di timpani”, i “tabaleuȓi” appunto, con il passare del tempo accusassero problemi di udito e comprensione; per questo il termine ha iniziato a definire una persona piuttosto imbranata, poco sveglia, sciocca ed a cui si debba ripetere la stessa cosa più volte per fargliela capire. Naturalmente è un giudizio che, di solito, non porta con sé lo stato d’animo del rancore. Infatti l’intenzione è piuttosto bonaria, tale da arrivare a definire “tabaleuȓi” chiunque fosse un po’ babbeo e, per così dire, sempliciotto.

Caso vuole che questa parola, derivi, a quanto pare, dall’arabo tabal, che pare significhi qualcosa come tamburo. Il tabaleuȓi, quindi, era in origine il tamburellista, quel personaggio furbo e affascinante che, fino a mezzo secolo fa, gironzolava suonando per il Piemonte e per l’Italia intera; quando poteva scroccava o rubacchiava vino, cibo e qualche moneta.

Solitamente veniva ospitato nella stalla perché aveva molte storie da raccontare, e diventava immediatamente l’ospite protagonista della veglia serale. Dopodiché, in segno di gratitudine e per spirito di condivisione, gli si regalavano minestra, polenta e paglia su cui dormire. L’ospitalità, quella vera, allora, sapeva ancora vincere la diffidenza.

Paolo Tibaldi

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