Al premio Bottari Lattes, Ian McEwan: «La letteratura ci porta altrove»

Intervista a Ian McEwan: «La letteratura ci porta altrove» 4
Adolfo Ivaldi, Fabio Tripaldi e Ian Mc Ewan

INTERVISTA Lo scrittore britannico al teatro di Alba per una lezione magistrale
Riflessivo e attento al dettaglio, ironico e pronto a confrontarsi con gli argomenti più disparati, Ian McEwan è la quintessenza dell’intellettuale inglese e con una vivacità notevole. Lo ha dimostrato venerdì 13 ottobre, sul palco del teatro Sociale, premiato per la sezione La quercia del premio letterario Bottari Lattes Grinzane, guidato da Caterina Bottari Lattes e Adolfo Ivaldi.

Lo scrittore britannico ha coinvolto il pubblico con il suo intervento dedicato al tema dell’io: «Un paio di anni fa ero in piazza San Marco a Venezia e osservavo il passaggio di migliaia di turisti. Quasi tutti avevano un apparecchio fotografico, con i quali scattare immagini di sé stessi di fronte a Palazzo ducale: quelle meraviglie non erano complete senza la testimonianza di un io in mezzo a loro», ha esordito. E dopo un viaggio temporale nella storia della letteratura, McEwan ha fatto ritorno al presente: «Viviamo in tempi più duri, ma anche più interessanti. Possiamo radunarci in massa a Venezia, armati di smartphone e pronti a scattare selfie, ma rimaniamo soli di fronte al nostro io», ha concluso.

E del suo essere scrittore e uomo di questa società ha parlato a Torino in mattinata. Incalzato sull’attualità e sulla Brexit, ha risposto senza giri di parole: «È una situazione molto complessa e personalmente spero in un nuovo referendum: per ragioni d’età, non potrò vedere la storia di questo secolo fino al suo epilogo, ma mi auguro che si possa arrivare a una rinascita, proprio come fa la fenice dalle sue ceneri».

Ma per lui il centro di tutto rimane la letteratura, soprattutto ora che si sente approdato in «una nuova fase, dove indagare tra reale e plausibile, proprio come facevano Franz Kafka e Italo Calvino».

Ecco alcune foto della cerimonia al teatro sociale Giorgio Busca

McEwan, dai romanzi alle sceneggiature, dai toni cupi degli esordi all’amore e alla storia inglese in Espiazione, per poi sorprendere quest’anno con Nel guscio, come descriverebbe il suo “io” di scrittore?
«Nonostante l’eterogeneità della mia produzione, il centro di ogni mia ambizione e di ogni mio sforzo rimane la letteratura. Considero tutti gli altri impegni come escursioni in terreni diversi, ma anche semplici gite o divertimenti di tanto in tanto. In certi casi possono anche risultare utili, come veri processi di apprendimento e di crescita al di fuori di ciò che più mi appartiene. Quando lavoro ad altro, come in questo momento la sceneggiatura di uno dei miei ultimi libri, non vedo l’ora di terminare di scrivere quelle righe, perché il mio pensiero ritorna di continuo al romanzo che ho interrotto il novembre scorso: sento forte il bisogno di riprenderlo in mano, di dedicarmi alla sua stesura con tutto me stesso e di concluderlo».

Cosa pensa del ruolo della letteratura nella società?
«Molti dei miei amici scrittori hanno perso fede nella letteratura, perché pensano che le altre forme d’espressione proprie della nostra società l’abbiano soffocata e superata. Per quanto mi riguarda, sono convinto dell’esatto contrario: ho molta fiducia nella pagina scritta, per la grande tenacia che ha saputo dimostrare in ogni epoca, fino a superare ogni avversità. Credo che i libri abbiano un futuro, anche in questo mondo, perché rendono possibile ciò che la televisione e il cinema non possono realizzare: far capire a chi legge come ci si sente a essere un’altra persona. La letteratura riesce a trasportarci altrove, a darci una piccola idea di alterità e in questo modo ci permette di conoscere ciò che è diverso da noi».

Francesca Pinaffo

Banner Gazzetta d'Alba