I vigneti Unesco coltivati grazie agli immigrati

I vigneti Unesco coltivati grazie agli immigrati

In città un seminario internazionale per lo studio della presenza straniera nella filiera del vino con sindacato, Ispettorato del lavoro, amministratori

ALBA Roger Davico è il referente albese di Anolf (Associazione nazionale oltre le frontiere), promossa dalla Cisl. Il sindacato è tra i sottoscrittori del protocollo d’intesa firmato la scorsa settimana a Torino (ne parliamo anche nella pagina accanto), il cui obiettivo è garantire la trasparenza nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro stagionale in agricoltura. Il riferimento non va soltanto ai “migranti della frutta” che ogni anno arrivano nel Saluzzese, ma anche alle vigne del basso Piemonte, con grande parte dei lavoratori stranieri.

Davico, di quali nazionalità sono gli stranieri che lavorano nelle vigne di Langhe e Roero?

«Da sempre si tratta di bulgari e soprattutto macedoni. Attorno alla chiesa ortodossa macedone di Neive ruotano all’incirca 9mila fedeli. La viticoltura è uno dei settori in cui sono più attivi, dal momento che ha un ruolo importante anche nel loro Paese. A fronte di una carenza di addetti italiani, negli anni i macedoni si sono affermati come i principali lavoratori delle nostre vigne. Si tratta di una comunità ben inserita sul territorio, alla quale si aggiungono altri immigrati che arrivano a ridosso della vendemmia. Negli ultimi due anni, però, si è registrato un calo degli stagionali macedoni, tanto che alcune aziende hanno iniziato a rivolgersi a rifugiati e richiedenti asilo, che spesso hanno però difficoltà nel comparto».

Quali sono le situazioni di irregolarità che interessano le nostre colline?

«La presenza di pseudo cooperative che non operano nei confini della legalità, tanto da ricadere nel lavoro nero o nelle tante sfumature di lavoro grigio, per arrivare anche a pratiche di caporalato. Nel settore della viticoltura piemontese nel 2016 sono state sanzionate 8 cooperative, per passare a 12 nel 2017 e a 13 nel 2018. Una quota che è cresciuta per l’aumento dei controlli, ma che rende l’idea del problema. Si tratta di realtà che vengono aperte, per poi essere chiuse e riaperte sotto altri nomi. Applicano retribuzioni inferiori a quanto previsto dalla legge e dai contratti, così come non sono garantite condizioni di lavoro regolari. In più, rappresentano una forma di concorrenza sleale nei confronti delle cooperative virtuose della nostra zona. Per prevenire fenomeni come questi, è importante la proposta di avviare sportelli sperimentali dedicati al collocamento pubblico in agricoltura, come sono oggi previsti dal recente protocollo».

Ad Alba sono in programma iniziative sul tema?

«Si è svolto venerdì 29 in Comune il quarto seminario del progetto europeo Piano d’azione congiunto per lavoratori migranti stranieri, che coinvolge diversi Paesi. L’ente capofila è la Fai-Cisl. Per l’Italia è stato preso come caso di studio il nostro territorio, con la presenza dei lavoratori macedoni nella filiera del vino. È stato un momento di confronto tecnico, a porte chiuse, tra gli enti e le realtà coinvolte: rappresentanti per la Francia e il Belgio, il sindacato macedone, l’Ispettorato del lavoro di Cuneo, Asti e Alessandria, datori di lavoro e amministratori Unesco. Si è parlato delle modalità per combattere il lavoro non regolare. La fase successiva sarà incentrata sulla formazione degli stessi addetti, che spesso non sono consci dei loro diritti e per questo ricadono in situazioni d’irregolarità».

Francesca Pinaffo

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