Carini: «Il biometano è prodotto dai rifiuti»

Egea porta il biometano carbon free a privati, imprese e aziende

L’INTERVISTA Perché il biometano non viene utilizzato in maniera più allargata e ubiquitaria sia da Egea sia da gruppi simili? (Lo chiediamo a Pierpaolo Carini)

«La crescente attenzione alle tematiche ambientali sta alimentando una maggiore sensibilità verso l’utilizzo di fonti di energia carbon free; tra queste il biometano, il cui utilizzo per autotrazione è stato reso possibile nel marzo 2018. La legge ha aperto opportunità che hanno potuto cogliere tempestivamente le imprese che già possono contare, oltre che su una capacità di dialogo con il territorio in tutte le sue espressioni, su un know-how maturato negli anni e su competenze».

In questo contesto s’inserisce la fornitura di biometano al distributore Egea-Bragas di corso Europa, ad Alba, prima iniziativa di questo tipo nel Nord-ovest.

«Un’iniziativa che ha incontrato l’apprezzamento di importanti aziende nazionali e multinazionali, che stanno alimentando le loro flotte con il biometano fornito da Egea. Le opportunità non potranno che accrescere il numero di consimili progetti».

Secondo i critici, la cosiddetta green economy punta a trasformare l’impatto ambientale delle aziende ma non incide sugli eccessi di produzione e consumo responsabili della situazione climatica, né sulle disparità sociali create dalla struttura lavorativo-occupazionale. Concorda, ingegnere?

«La situazione climatica attuale è legata non solo agli eccessi di consumo ma anche (se non soprattutto) alle fonti di approvvigionamento energetico (petrolio e carbone) utilizzate fino a oggi per la produzione di beni, servizi e trasporti delle persone e delle merci. Il biometano rappresenta una nuova fonte, che porta a zero il bilancio dell’anidride carbonica, cioè non influisce sull’aumento della concentrazione in atmosfera. Più in generale, green economy significa agire su due leve: da un lato consumare meno, quindi lavorare a un livello sempre maggiore di efficientamento energetico; d’altro canto rendere sempre più rinnovabili i consumi, anche in questo caso attraverso l’applicazione delle più attuali tecnologie. Il nostro gruppo è impegnato in entrambe le direzioni attraverso iniziative di informazione e formazione».

Ad esempio?

«Per l’ambiente si deve fare rete»«La formazione ambientale che coinvolge ogni anno oltre mille bambini delle scuole di Alba o il corso per ingegneri che abbiamo ideato in collaborazione con Politecnico di Torino e università Bocconi di Milano – un percorso che si terrà tra ottobre e marzo nell’hotel Langhe di Cherasco: venti lezioni suddivise su tre moduli e tenute dai nostri esperti e dai docenti universitari con i quali siamo in costante dialogo. Il cambiamento è in corso e il gruppo Egea sta facendo e continuerà a fare la sua parte per stimolarlo e sostenerlo».

Che cosa farà Egea?

«Stiamo progettando diversi impianti a biometano prodotto sia da reflui zootecnici che dalla frazione organica dei rifiuti urbani. Gli impianti, alcuni in avanzata fase di realizzazione, sorgeranno in Piemonte e anche in Lombardia. Inoltre, stiamo lavorando all’apertura di distributori di biometano sia in forma gassosa (bioCNG) che nella forma liquida (bioLNG); quest’ultimo –potendo garantire un’autonomia superiore ai 1.200 chilometri – rappresenta per l’autotrazione pesante un’alternativa percorribile di assoluto rilievo».

Roberto Aria

Quando l’agricoltura può essere risorsa alternativa

AMBIENTE Esistono modi di conversione del materiale “nocivo” in naturale. Ma sovente qualche sovrastuttura mentale o di potere impedisce la transizione. In seguito a pressioni e critiche da parte della popolazione mondiale, negli ultimi mesi qualcosa si muove e le grandi realtà produttive puntano con maggior decisione verso l’attenzione all’ambiente. Ad Alba, da settembre l’impianto Egea di corso Europa, gestito assieme a Bragas, eroga metano gassoso per autotrazione di tipo “bio”, prodotto partendo da biomasse agricole e agroindustriali, oltre alla frazione organica dei rifiuti urbani. Si tratta di una tecnologia che consente di evitare l’immissione di CO2 in atmosfera. In particolare, il biometano si produce attraverso un procedimento biologico consistente nella degradazione della sostanza organica contenuta nelle biomasse utilizzate (reflui zootecnici o frazione organica dei rifiuti solidi urbani) da parte di batteri cosiddetti “metanigeni”. Il processo avviene in digestori chiusi, senza emissioni in atmosfera. Il residuo del percorso è un prodotto inodore, che può essere utilizzato come ammendante sui terreni agricoli.

Il biometano è identico al metano fossile distribuito in rete, ma ha un grande vantaggio: l’anidride carbonica emessa utilizzandolo non contribuisce all’effetto serra, poiché era già presente in atmosfera, catturata dai vegetali di cui si sono nutriti i capi di allevamento o da quelli che compongono la frazione umida dei rifiuti. Prodotto sotto forma gassosa, viene trasportato attraverso la rete esistente; sotto forma liquefatta viene invece distribuito tramite autocisterne.

r.a.

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