Tommaso Depetro, eroe nelle battaglie del Risorgimento e al tempo del colera

MAGLIANO ALFIERI Ci sono stati tempi in cui l’incombenza di un morbo portava a chiudere le porte dei centri abitati, relegando in località chiamate ancora oggi “lazzaretto” quanti si trovavano ad ammalarsi. Il pensiero va alla peste nel Medioevo e nella prima età moderna, per proteggersi dalla quale quasi ogni paese aveva eretto un altare, un affresco, una cappella a San Rocco. Ma la diffusione di epidemie è anche un fatto recente.

Pensiamo alla spagnola tra il 1918 e il 1920, con una mortalità che toccò punte dell’80 per cento, specie tra bambini e giovani. La malattia, curata con il chinino, ebbe a contrastarla una rete abbastanza diffusa di medici, formati sulla base del positivismo di fine Ottocento, fautori della cura e dell’igiene delle popolazioni rurali, ma solo una quota di indigenti era assistita grazie alle casse municipali.

Tommaso Depetro, eroe nelle battaglie del Risorgimento  e al tempo del colera
Il maglianese Malìn Depetro

Un’epidemia ancor più violenta aveva sconvolto le Langhe e il Roero nell’estate del 1884: il colera. Tra i paesi ad essere maggiormente colpiti vi fu Magliano, dove nel 1884 si registrarono sessanta decessi. E da quell’anno arriva la vicenda di Tommaso Depetro, detto Malìn, ricostruita sul bimestrale Il Paese nel 1979 dal bisnipote Michele Bertolotto.

Malìn nacque a Magliano il 19 marzo del 1828. Arruolatosi nel 10° reggimento Regina partecipò alla Prima guerra d’indipendenza (1848-49), guadagnandosi un encomio. Nel 1859 prese parte anche al secondo conflitto contro l’Austria-Ungheria, ricevendo la medaglia d’argento per essersi distinto a Palestro. Pronto a seguire Garibaldi, si mise sulla strada per Genova, ma a causa di una gamba rotta fu costretto a desistere. Pur rimasto condizionato dall’infortunio, partecipò alla presa di Porta Pia (1870). Discreto possidente, tornato in paese si dedicò alla vita dei campi sino a quando gli venne riconosciuto un nuovo attestato di benemerenza per il comportamento durante l’epidemia.

Nell’archivio comunale è conservata la lettera con cui nel 1885 la Municipalità propone Depetro per la medaglia d’argento, dato che «appena ebbe sentore del malore incolto al Massucco Pietro di Teobaldo, volonterosamente subito si portò a prestargli tutti i soccorsi, siccome per l’allarme sparsosi della contagiosità di tale malattia tutti avevano paura e più nessuno voleva avvicinarlo. Egli si trovò solo attorno al suo letto e l’accudì sino al termine della sua vita e quindi ossequentissimo agli ordini del medico bruciò gli abiti che in allora indossava».

Roberto Savoiardo

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