Le storie di Cheese: la mozzarella con il mirto, come tre secoli fa

Le storie di Cheese: la mozzarella con il mirto, come tre secoli fa 2

BRA C’è stato un tempo – parliamo di ormai 3 secoli fa – in cui i pastori del Cilento producevano già il formaggio ma si interrogavano su come fare per conservarlo qualche giorno con le medesime qualità di quello appena realizzato. In quella terra, all’interno del Parco nazionale del Cilento Valle di Diano e Alburni, già sul finire del 1700 avevano trovato la risposta a questo quesito: bastava avvolgerlo con foglie e rametti di mirto (mortella, in dialetto campano), un prezioso elemento di conservazione naturale. Ancora oggi, pur disponendo di celle frigorifere, nell’azienda casearia Cicco di Buono di Adolfo Valiante, si produce la mozzarella nella mortella che è una prelibatezza, unica nel suo genere.

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Le storie di Cheese: la mozzarella con il mirto, come tre secoli faA Cheese 2021 l’azienda espone i suoi prodotti in uno stand di piazza Carlo Alberto. A raccontarci la storia, il fratello del titolare, mentre offre assaggi di mozzarella ai numerosi visitatori. Esordisce spiegando che suo fratello Adolfo non è venuto a Bra perché, come sostiene sempre lui «le mucche non vanno in vacanza E neppure le capre». Oggi lui si trova a capo di un’azienda, fondata nel 1960 dai nonni e poi passata al padre, nel piccolo borgo (300 anime) collinare, a San Nicola di Centola, nei pressi di Palinuro. Con le sue 40 mucche e le 10 capre, produce quotidianamente il latte che trasforma non solo in mozzarella, ma anche in caciocavallo, in Cilentum (un formaggio prodotto con un mix di latte vaccino e caprino) e il formaggio di mucca. Aggiunge il fratello: «Per mantenere memoria della tradizione conserviera della mozzarella nel mirto, oggi nelle nostre confezioni inseriamo foglie e rametti di questa pianta, che riesce a dare alla mozzarella un intenso profumo e un sapore davvero unico». E conclude: «Questa mozzarella, particolarmente asciutta, è molto apprezzata anche dai pizzaioli, per condire le pizze».

Valter Manzone

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