Aumentano gli occupati, ma molti contratti restano precari

Aumentano gli occupati, ma molti contratti restano precari

DENTRO IL LAVORO «Per i giovani della mia età è difficile arrivare a fine mese: faccio il cuoco nella zona di Alba e ho uno stipendio da 1.300 euro al mese per dodici ore di lavoro, sei giorni la settimana. Sono registrate 8 ore, ma le altre non vengono retribuite. Inoltre, il contratto viene rinnovato ogni quattro mesi e non c’è modo di prolungarlo. Ho 24 anni, per me sarà difficile fare questa vita a lungo. Mi sento sempre in bilico. A Torino, per esempio, pagano di più e penso mi trasferirò a breve. Nelle nostre Langhe tutto è competitivo, il lusso e il marchio Unesco rendono i ristoranti appetibili e molti proprietari sanno che possono contare su una platea quasi infinita di candidati al lavoro. Per questo la mia impressione è che giochino sulle basse retribuzioni e prediligano volutamente la precarietà». La testimonianza di Marco, nato a Torino ma residente ad Alba, racconta la vita difficile – sovente invisibile – di centinaia di giovani: «Come me fanno fatica i coetanei operai, magazzinieri, commessi, manovali, postini, giardinieri, insegnanti e agricoltori. Il lavoro risulta una corsa a ostacoli, nonostante le dichiarazioni dei diversi politici».

I NUMERI DI APL

Per capire cosa accada dal punto di vista numerico nella nostra area abbiamo chiesto la collaborazione dell’Agenzia Piemonte lavoro (Apl), della Regione, che ha elaborato gli ultimi dati sul fronte occupazionale. Spiegano Roberto Marchetto ed Elisa Floredan del settore monitoraggi, studi e ricerche di Apl: «L’intero distretto di Langhe, Monferrato e Roero nel 2021 registra 99.144 attivazioni di contratti contro gli 89.911 del 2020 (+10,3%). L’incremento è maggiore nel Monferrato (+46,2%), seguito dalle Langhe (+38,5%) e, in misura minore, dal Roero (+15,4%) dove i servizi stentano a riprendersi». Dunque, le assunzioni incrementano, ma anche le cessazioni dei contratti nel 2021 risultano in salita: 95.986 nel 2021 contro le 86.273 del 2020 (+11,3%). Dicono ancora i ricercatori di Apl: «Questo dato indica come in questo periodo socioeconomico incerto si siano preferiti molti contratti non stabili. Gli aumenti percentuali rappresentano un segnale positivo sul versante delle assunzioni da lavoro subordinato, meno su quello le cessazioni. Le assunzioni interessano in particolare la classe 30-39 anni, con un +15,1% (22.721 nel 2021 e 19.744 nel 2020) di contratti sottoscritti, e la classe 50 e oltre con +14,8% (20.413 nel 2021 e 18.054 nel 2020); la classe di età dei giovani (15-29 anni) mostra una corsa al contratto più contenuta, sul 6,6%, pur restando la categoria con il maggior peso in valori assoluti in entrambe le annualità: 35.335 rapporti di lavoro attivati nel 2021 (35,6% del totale) e 33.150 l’anno precedente».

GIOVANI IN BILICO

Eppure, sui più giovani pesano le cessazioni contrattuali, che tra il 2020 e il 2021 aumentano del 15,2% (31.703 nel 2020 e 36.527 nel 2021). Sono invece meno penalizzate le altre classi di età, per le quali le variazioni percentuali delle chiusure dei contratti sono più contenute e comunque inferiori rispetto all’incremento delle assunzioni. Significa che le nuove generazioni, pur riuscendo a trovare un impiego, faticano a stipulare rapporti duraturi: la precarietà in questa fascia è elevata, perché i datori di lavoro prediligono rapporti di breve durata. Gli adulti, invece, se la cavano meglio. Le classi anagrafiche degli over 50 e della fascia 40-49 anni sono quelle con i minori problemi d’incremento di cessazioni: rispettivamente +7,2% e +6,8%.

ELENA CHIORINO

L’assessora al lavoro della Regione Piemonte, Elena Chiorino, ha dichiarato a Gazzetta d’Alba: «Difendere il lavoro e combattere la disoccupazione è la grande sfida che sto portando avanti: la soluzione però non è l’assistenzialismo del reddito di cittadinanza, ma l’occupazione che si crea mettendo in campo politiche attive mirate, sostenendo le imprese, avendo cura di metterle nelle condizioni di operare, garantendo l’attivazione di percorsi formativi “sartoriali” per creare velocemente le competenze richieste dal mercato. Nel 2022 si avvieranno infatti le Academy, un modello formativo creato per progettare e realizzare percorsi di preparazione condivisi, in cui le imprese hanno un ruolo attivo: anche nel Cuneese stiamo facendo valutazioni per azzerare il disallineamento tra domanda e offerta d’impiego».

SERVIZI AL TOP

Dati importanti emergono nell’analisi di settori specifici. Uno dei più virtuosi e protetti dal fantasma della precarietà risulta quello dei servizi. I ricercatori di Apl osservano: «Questo comparto riporta variazioni percentuali in aumento rispetto ai contratti attivati (+16,3% tra il 2020 e il 2021) e, al contrario di altri, una contestuale diminuzione delle cessazioni -5,7%: un dato che porta a ipotizzare una maggiore durata dei rapporti proposti». Invece, il settore dell’agricoltura si caratterizza per variazioni dal 2020 al 2021 sempre negative: diminuiscono infatti le attivazioni (-7,8%) ma anche le cessazioni (-3,8%). Ancora Marchetti e Floredan, di Apl: «Il settore maggiormente penalizzato è quello dell’industria, che tra il 2020 e il 2021 vede un incremento percentuale delle assunzioni del 2,7% e un forte incremento delle cessazioni, pari al 93,1%. Probabilmente il comparto è meno caratterizzato da dinamiche di stagionalità ed è stato anche uno dei più interessati dal  blocco dei licenziamenti». Infine, emerge come costruzioni e commercio siano accomunati da movimenti percentuali affini: crescono le assunzioni, ma di più le cessazioni. Categoria ancora differente è quella del settore alloggio e ristorazione, che registra incrementi sia in termini di variazione degli impieghi sia di contratti interrotti, ma questi ultimi rimangono inferiori ai primi: +39,6% di rapporti lavoro in più nel 2021 rispetto al 2020, +27% di cessazioni.

LAVORO BULIMICO

Nel complesso sembra, dunque, che i due anni di pandemia abbiano reso il mondo del lavoro piuttosto frammentario e bulimico. C’è, infatti, sete di personale e di nuovi contratti, ma la mancanza di fiducia nel futuro rende i datori propensi a contrattualità poco aperte a relazioni a lungo termine. L’instabilità generata nelle ultime settimane dalla guerra in Ucraina, dal rincaro dei prezzi e da un clima crescente di diffidenza potrebbe aggravare questa situazione.

Maria Delfino

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