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La seconda tappa di This must be the way è la 100km del Passatore

La seconda tappa di This must be the way è la 100km del Passatore

PERFORMANCE Il 21 e 22 maggio si è svolta la seconda tappa del progetto artistico This must be the Way. Il progetto di Claudio Lorenzoni, direttore del Museo a cielo aperto di Camo, ha come obiettivo, attraverso performance podistiche e arte contemporanea, quello di raccontare il potere comunicativo e simbolico del corpo e il rapporto dello stesso con il paesaggio e il territorio circostante. La seconda tappa, denominata la strada, ha visto protagonista il territorio tosco-romagnolo, ovvero i 100km del Passatore, storica ultra maratona che unisce le città di Firenze e Faenza. Dopo la tappa di Castel Bolognese, durante la quale Lorenzoni e gli artisti invitati al progetto hanno raccontato le origini della loro storia, il 21 e 22 maggio gli stessi hanno raccontato la strada percorsa, quella sognata o persa. L’artista torinese, percorrendo i sentieri calpestati dai nonni durante la guerra ha voluto “provare” a vivere la fatica, il sudore, il dolore di quegli attraversamenti.

La seconda tappa di This must be the way è la 100km del Passatore 1
Claudio Lorenzoni al termine della 100km del Passatore

In occasione della maratona del Passatore, la poetessa sarda Valentina Cei ha deciso di seguire le orme di Claudio indagando gli spazi dell’anima del bandito: il viaggio come metafora di due imprese parallele – la maratona e la latitanza – accomunate dalla determinazione, dalla introspezione, dalla logica meditativa e dalla percezione del proprio corpo. Maratoneta e bandito attraversano lo spazio dopo lungo studio, entrambi lasciano poche tracce, entrambi passano (viaggiano) per passare (viaggiare), senza avere un traguardo o una meta, ma per stare nel presente. Nell’indagine, Valentina è stata accompagnata dallo sguardo di Gianpaolo Demartis che ha cercato di isolare nella sua performance di scrittura e negli spazi in cui si è svolta il punto di vista del bandito.

Da Cherasco, c’era Maria Mesiano che per il progetto, prendendo spunto da Il Carcere di Cesare Pavese, ha “corso” la sua maratona con la sua fidata macchina fotografica alla ricerca di una via d’uscita, una scappatoia da un luogo in cui è stata catapultata, da un mondo destinato all’immobilismo, da una situazione definibile quasi come se fosse costretta a restarci. Come Cesare quando fu confinato a Brancaleone, per converso, lontana dal sua mare, dall’amata Calabria, dai suoi luoghi fantastici, Maria si trova esiliata in una casetta di Langa, con un piccolo orticello, senza alberi di limone, e quelle colline verso cui nutre un contrastante sentimento di odio e amore, quasi come la quarta parete della sua prigione.

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La prossima tappa si svolge oggi, sabato 28 maggio, con la 50 chilometri della Via verde della Seta, un percorso che unisce Caraglio e Racconigi, sede, quest’ultima, del Museo della seta.

l.g.

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