Riaperte le indagini per l’omicidio Caccia, parla Schirripa

Omicidio Caccia: processo annullato per un vizio di forma

OMICIDIO CACCIA Si sono riaperte le indagini per l’omicidio di Bruno Caccia, magistrato originario di Ceresole, ucciso a Torino sotto la sua abitazione il 26 giugno 1983, quando uscito per portare a spasso il cane fu affiancato da un’auto con due uomini a bordo che gli spararono oltre dieci colpi di arma da fuoco. Secondo gli inquirenti, si trattò di un omicidio pensato ed eseguito per mano e volontà ndranghetista.

La procura generale di Milano, che ha da tempo un fascicolo aperto, ha disposto nuovi accertamenti. In particolare la procuratrice generale Francesca Nanni ha accolto le dichiarazioni di uno dei personaggi chiave della vicenda: Rocco Schirripa, ex panettiere di 69 anni, arrestato nel 2015 e condannato all’ergastolo in via definitiva il 20 febbraio 2020 come uno degli esecutori materiali dell’omicidio del capo della procuratore di Torino, Caccia, riconosciuto per la sua determinazione e intransigenza. Nonostante le condanne all’ergastolo di Schirripa e del presunto boss ndranghetista Domenico Belfiore, avvenuta nel 1992, come mandante dell’omicidio, rimangono molti elementi ancora da chiarire. La famiglia in questi anni, con l’avvocato, Bruno Repaci, ha chiesto con forza che fosse fatta luce e chiarezza su una vicenda che ha colpito il cuore del Piemonte confermando la presenza ndranghetista anche al nord e che non vengano trascurate ipotesi alternative.

La Cassazione ha avvalorato le conclusioni degli inquirenti secondo i quali il delitto portava la firma della criminalità organizzata. In questi giorni, Schirripa è tornato a parlare davanti alla procuratrice generale Francesca Nanni, per chiarire nuovamente la sua posizione. La Corte Suprema, nella sua ultima sentenza, aveva espresso chiaramente la sua posizione sul rapporto tra l’ex panettiere e il procuratore, spiegando con l’azione di antagonismo giudiziario che 39 anni fa il procuratore stava conducendo verso l’espansione calabrese illecita nell’area piemontese e torinese, anche nei casinò, le motivazioni dell’omicidio. Aggiungendo che: «Per la partecipazione a un delitto non serve, in contesti siffatti, un movente personale, specie se si considera che la vicinanza tra Schirripa e Belfiore era un elemento inconfutabile».

Non bisogna dimenticare che in questi ultimi anni alla vicenda si sono aggiunti diversi sviluppi. In particolare nel 2018 la procura generale di Milano prese in carico un fascicolo su Francesco D’Onofrio, ex militante dei Colp, una formazione eversiva di estrema sinistra nata dalla dissoluzione di Prima linea e dalla quale si dissociò formalmente nel 1987. Per gli investigatori dell’antimafia di Torino, D’Onofrio sarebbe legato alla criminalità calabrese e avrebbe inoltre avuto un ruolo nell’omicidio Caccia. Accuse da sempre smentite dall’ex militante che avrebbe preso completamente le distanze da quel tipo di mentalità respingendo qualsiasi coinvolgimento.
Alcuni sviluppi erano arrivati anche nel 2016 con le dichiarazioni di Domenico A., un giovane pentito.

Il magistrato non è stato dimenticato dalla sua città, a lui è stato intitolato il Palazzo di giustizia di Torino e un cascinale a San Sebastiano da Po (Torino), sequestrato proprio alla famiglia Belfiore e che oggi rivive come Cascina Caccia. Tuttavia, oggi, a 39 anni dall’omicidio, non si è ancora arrivati alla verità che continua a essere cercata per dare verità e giustizia a una vicenda sulla quale è necessario fare piena luce.

Elisa Rossanino

 

 

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