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C’era la firma di Perosino sull’emendamento poi modificato per abbattere il tetto degli stipendi

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POLEMICA È durata meno di 24 ore la deroga al tetto agli stipendi dei manager della pubblica amministrazione, definita anche dal presidente della Repubblica Mattarella inopportuna in un momento di crisi come quello attuale, con le famiglie alle prese coi rincari delle bollette.

A far discutere è stata l’origine della modifica, partita da un emendamento firmato dal senatore roerino Marco Perosino (Forza Italia), che respinge la patata bollente spiegando di aver presentato un testo che prevedeva l’equiparazione del trattamento economico dei vertici della Polizia con quelli di Guardia di finanza e Carabinieri interessando pochissime persone, due o tre appena, che ricoprono gli incarichi apicali. Perosino ha spiegato che quel testo era stato concordato con il senatore del Pd Luciano D’Alfonso, presidente della Commissione finanze e che il fatto di mettere sullo stesso piano le buste paga di Polizia e altre forze dell’odine lo trovava d’accordo.

A questo punto, nella ricostruzione fatta dal sindaco di Priocca, le cose si fanno contorte e complesse. L’emendamento, assieme ad altri ritenuti non idonei sono stati ritirati; però durante i lavori di commissione vengono presentati altri emendamenti che subiscono una serie di riscritture in una sequenza difficile da ricostruire e si arriva al testo sull’abolizione dei 240mila euro di stipendio. Il blocco di emendamenti non vengono analizzati perché il tempo a disposizione dei senatori viene impiegato nella discussione sul superbonus così il provvedimento arriva in aula e viene approvato.

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