Ultime notizie

Abitare il piemontese: la parola della settimana è Pentnòiȓa

Pettinatrice (colei che pettina), parrucchiera.

Bozza automatica 305

ABITARE IL PIEMONTESE Tempo fa mi incuriosì un testo riportante la parola pettinatrice a indicare il mestiere di parrucchiera. Lì per lì immaginai che il traduttore fosse di origini piemontesi. Per togliermi il balin, cercai sul vocabolario italiano. Alla parola “pettinatrice” corrisponde la definizione: Macchina usata nell’industria tessile per eseguire la pettinatura delle fibre. L’ipotesi che l’ignoto traduttore fosse piemontese, fu riconfermata.

La pentnòiȓa è colei che effettivamente pettina ed è corretto chiamarla così. L’espressione parrucchiera (prucheȓa) è comunissima in lingua italiana, ma non sempre corretta, proprio per il lavorso svolto dalla professionista. La produzione di parrucche si è diradata con la sparizione della civiltà sei-settecentesca della crinolina, delle dame incipriate (con le correlate e monumentali parrucche). Il modo di dire seȓve ‘d bàȓba e cavèj (conciare per le feste) una volta includeva infatti anche la pruca. E se i latini con pectinem intendevano pettine, in piemontese diciamo pento, che è anche il cardo selvatico e l’intelaiatura dei regoli del telaio. Pentné, dunque, significa pettinare (il contrario è scaȓpënté), cardare e anche rimproverare.

Un affare ostico e faticoso ma a basso profitto è detto tȓavàj dëȓ pento e la genesi di questo modo di dire avanza più spiegazioni. La prima risale a inizio 1800: durante il Regno d’Italia, Napoleone coniò una moneta di scarso valore che recava da un lato il volto dell’imperatore e dall’altra una corona malamente incisa, somigliante un pettine. Gli ironici sabaudi, visto il modestissimo valore della moneta e la pungente ironia verso Bonaparte, ribattezzarono quel soldo sòd dëȓ pento; l’espressione si estese a indicare qualunque cosa di scarso valore, lavoro compreso.

Un’altra direzione porta al commercio dei capelli per la realizzazione di parrucche distribuite in tutto il mondo, che aveva uno dei suoi centri più vitali a Elva, in alta valle Maira: i raccoglitori di capelli viaggiavano in cerca di donne o ragazze disposte a cedere la propria chioma in cambio di qualche lira, un pezzo di stoffa, un foulard. Quando le trecce vere e proprie scarseggiavano cominciava il tȓavàj dëȓ pento, la lunga operazione di recupero dei capelli rimasti nei pettini.

Paolo Tibaldi

Banner Gazzetta d'Alba