Nasce il Partito dei contadini d’Italia, ad Alba

Nasce il Partito dei contadini d'Italia, ad Alba
Giacomo Scotti in un giro di propaganda elettorale nel 1919 (foto tratta da "Alessandro Scotti e il partito dei contadini "di Giovanni De Luna)

I PERSONAGGI Alba, 15 e 16 ottobre 1921: in una sala dell’albergo Venezia nasce il Partito dei contadini d’Italia. Le anime del movimento sono l’albese Urbano Prunotto, classe 1886, e Giacomo Scotti, nato a Montegrosso d’Asti nel 1873. A capo di una società di piccoli proprietari dal 1912, Scotti porta avanti battaglie a favore di agricoltori, mezzadri e piccoli proprietari terrieri; Prunotto ha un’intuizione di «un valore e un’efficacia politica non trascurabile: estendere gli ideali socialisti che avevano una certa presa di opinione nel mondo operaio, al mondo rurale», come scrive Giulio Parusso nella scheda per il sito Web del centro studi Beppe Fenoglio. Ne nasce un movimento a forte impronta piemontese, che trova adesioni soprattutto tra l’Astigiano e le Langhe. Per conoscere la parabola del partito sono utili due saggi: Alessandro Scotti e il partito dei contadini, pubblicato da Giovanni De Luna per Franco Angeli; Quando si votava “Contadino”: da Prunotto a Cerruti di Giuseppe Brandone.

Scotti, già eletto deputato con il Partito popolare italiano nel 1919, si era opposto alla tassa sul vino imposta dal Governo Nitti: sfavoriva i piccoli agricoltori, che dalle uve potevano ottenere un incremento del magro guadagno. E poi non andava giù che fossero chiesti ulteriori sacrifici proprio a quella classe sociale che aveva contribuito in maniera fondamentale ad alimentare le leve dei fanti nella guerra mondiale appena conclusa. Alla Camera Scotti afferma che la misura colpisce allo stesso modo «un vino che si vende a 500 lire, come il Barolo, quanto quello che costa 20 lire all’ettolitro». Ottenuta l’esenzione fino a cinque ettolitri e l’abbassamento oltre tale soglia da 30 a 20 lire, Scotti riesce a farsi rieleggere nel 1921. È il più votato del Ppi nel suo collegio, 18.281 preferenze. Anche Prunotto, protagonista di un’intensa attività nelle Langhe e nel Roero, dopo essere approdato al Consiglio provinciale nel 1920, l’anno dopo è eletto a Montecitorio.

L’avvento del fascismo porta il Partito dei contadini ad avere vita breve. Capace come il collega di scaldare le piazze e le borgate rurali, Scotti non intende abbassarsi alla violenza degli squadristi. Rifiuta l’inserimento nel listone per le elezioni del 1924 e riesce comunque a eleggere quattro deputati: oltre a lui e Prunotto, il piemontese Insabato e il lombardo Romanini. Solo i due esponenti storici scelgono, però, la via dell’Aventino: gli altri votano la fiducia a Mussolini e vengono espulsi.

Poco dopo Prunotto si ritira dalla vita politica, mentre Scotti, dopo aver votato contro il ripristino della pena di morte, il 9 novembre del 1926 nel corridoio di Montecitorio è picchiato da Starace e altri onorevoli fascisti, rimanendo menomato per il resto della vita, destinata a concludersi dieci anni più tardi. Il fratello minore Alessandro, classe 1889, con il ritorno alla democrazia (e dopo aver avuto un ruolo marginale nella Resistenza con la colonna rurale Monviso) può iniziare a ricapitalizzare il favore che il partito gode presso i lavoratori della terra. La rifondazione è datata 1946; alle amministrative di primavera, nell’Astigiano conquista 22 Comuni su 88. Alle elezioni per la Costituente, nel collegio di Cuneo, Asti e Alessandria il Partito dei contadini ottiene 70.724 voti. Scotti prende 20.766 preferenze ed è eletto; Prunotto, sconfitto anche alle comunali, si ferma a 9.135 e decide di mettersi da parte (morirà nel ‘48).

Di profonda devozione, fortemente anticomunista e critico verso il progresso che bussa alle porte anche in campo agricolo, Scotti incontra il maggiore ostracismo non a sinistra, bensì da parte della Dc. I vertici cuneesi e astigiani, con pragmatismo, ritengono il Pdc una minaccia proprio per la sua capacità di ottenere consenso in un loro bacino elettorale, la piccola proprietà contadina.

Alle politiche del 1948, Scotti è rieletto alla Camera, così come nel 1953. La rappresentanza contadinista raddoppia con l’elezione al senato dell’astigiano Giuseppe Bosia. Complici alcune scissioni, nel 1958 il Partito dei contadini non riesce a mandare rappresentanti in Parlamento. Ormai Scotti non controlla più la sua creatura e come nuovo leader si afferma Giovanni Cerruti di Cossano Belbo. Nel 1963, addirittura, Scotti si presenta contro il Pdc, nelle file dei monarchici: sia lui che Cerruti restano a secco.

Il declino è avviato. A un certo punto, lo stesso Scotti è estromesso dal partito. Siamo negli anni del miracolo e molti agricoltori vedono nella fabbrica un modo per uscire dalla miseria. Il Pdc nel ‘68 confluisce nel Partito Repubblicano; Scotti morirà sei anni dopo.

Davide Barile

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