Alta Langa: molte novità in vista

Alta Langa: molte novità in vista

SPUMANTE Le origini dell’Alta Langa si incontrano nell’Ottocento, quando i fratelli Gancia iniziarono la produzione di spumante, ma la data di svolta è il 28 febbraio 1990. Quel giorno Cinzano, Contratto, Fontanafredda, Gancia, Martini & Rossi, Riccadonna e Vini Banfi firmarono un accordo per promuovere in Piemonte la coltivazione di Pinot nero e Chardonnay per la produzione di spumante.

L’anno successivo decisero di circoscrivere l’area a una parte delle province di Cuneo, Asti e Alessandria. Per differenziarsi dallo spumante previsto dalla Doc Piemonte si scelse di usare solo Pinot nero e Chardonnay, tralasciando altre varietà, e il metodo classico, abbandonando il Martinotti. Al 1992 risalgono gli impianti dei primi vigneti sperimentali, coinvolgendo ventuno aziende agricole per un totale di venti ettari.

Il primo calice del futuro Alta Langa è stato servito il 10 maggio 1999 nella sede della Comunità montana a Bossolasco. Il consorzio è nato nel 2001. La Doc è arrivata nel 2002 e la Docg nel 2011.

Oggi l’Alta Langa è una realtà che si è ritagliata una propria fetta di mercato nell’ambito dei vini di qualità. Nel 2022 le vendite sono salite del 40 per cento e i 18 nuovi soci del consorzio, presieduto da Mariacristina Castelletta, hanno portato il totale a 134, tra cantine (55) e viticoltori.

Considerando i dati dell’ultima vendemmia, la produzione arriverà intorno a tre milioni di bottiglie. Numeri alti e in crescita ma, se confrontata con altri spumanti italiani, l’Alta Langa è ancora una produzione di nicchia. Basti pensare ai 20 milioni di bottiglie di Franciacorta, ai 100 dell’Asti o ai 600 del Prosecco. Parte del successo è legata al rigido Disciplinare di produzione, che prevede almeno trenta mesi di affinamento sui lieviti in bottiglia e un’altitudine minima di 250 metri per la coltivazione. Sono due le grandi discussioni sul tavolo del consorzio. La prima riguarda la riapertura degli impianti dei vigneti prevista per quest’anno. Se ora si coltivano 378 ettari a Pinot nero e Chardonnay, nel prossimo triennio potranno salire di 220. La questione è: come ripartirli? L’ipotesi più accreditata è concedere 3-3,5 ettari ad azienda, usando criteri che privilegino chi spumantizza nella propria cantina da almeno tre anni, chi ha richiesto da più tempo la denominazione, chi segue la lotta biologica e integrata e chi ha meno di quarant’anni.

Un’altra questione riguarda la modifica del Disciplinare. In mezzo ad alcuni adeguamenti di tipo burocratico, la bozza elaborata dal Consiglio riporta cambiamenti che potrebbero aiutare l’Alta Langa ad affermarsi ancora di più come una produzione di grande qualità.

Alcune modifiche sono state accettate di buon grado, come l’allungamento da 36 a 60 mesi di permanenza in bottiglia per ottenere la menzione riserva. O l’introduzione di un paragrafo che richiede il «convogliamento alla vinificazione delle uve esclusivamente in contenitori che non permettono la compressione e la rottura dei grappoli».

Il punto che ha generato più discussioni recita: «Nei casi in cui il produttore fa effettuare la sboccatura presso terzi per proprio conto, è obbligatoria l’indicazione del soggetto che svolge detta operazione seguita dall’indirizzo dove questa è avvenuta. Nel caso specifico detta indicazione deve essere riportata in etichetta».

La sboccatura è il processo in cui, togliendo il tappo a corona, si eliminano dalla bottiglia i residui dei lieviti e della fermentazione. Per farlo va congelato il collo. In seguito, il volume perso è recuperato con l’aggiunta di liqueur d’expedition. L’obbligo di inserimento in etichetta tocca solo chi porta le proprie bottiglie alla ditta, mentre non sussiste se il contoterzista va direttamente in cantina. «Chi compra le uve e i vini base, al contrario, non lo deve dichiarare» è l’obiezione di alcuni produttori minori.

La grande maggioranza delle cantine fa eseguire l’operazione a terzi. Quasi tutti si avvalgono dei servizi della Enosol di Neive. È possibile far arrivare gli erogatori del servizio anche solo per duemila bottiglie, ma a volte ci sono difficoltà legate agli spazi e alle strade di accesso non sempre praticabili da un grosso camion. O, semplicemente, portare le bottiglie alla ditta costa meno che spostarle.

Davide Barile

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