Ultime notizie

Abitare il piemontese: la parola di questa settimana è sèira (sera, serata; ieri)

Lo straordinario di Paolo Tibaldi 1

ABITARE IL PIEMONTESE Un amico piemontese che da tempo vive all’estero mi scrive, forse in un momento nostalgico: «Paolo, ti chiedo un parere linguistico. Dalle mie parti, tra Langa e Monferrato, sentivo usare il termine sèira per indicare ieri. Ne conosci l’origine?».

Sicuramente ne riconosco l’utilizzo nelle accezioni di sera e ieri, sebbene la seconda nell’ultimo mezzo secolo sia stata sostituita con il più italianizzato jèr. In alcune parti del Piemonte sèira è la parola corretta per indicare ieri: sèira matin (ieri mattina), sèira dop mesdì (ieri pomeriggio) e persino sèira sèira (ieri sera), talvolta nella forma contratta sa-a sèira. Intuire se l’interlocutore dicendo sèira, intenda ieri o sera è un fatto istintivo, innato, talvolta dipendente dal contesto.

Vocabolari e repertori etimologici che consulto regolarmente non sanno darne una ragione; perché con sèira s’intenda anche ieri, rimane un dato di fatto. Se, dunque, in piemontese con sèira s’intende sera e anche ieri, un meccanismo simile si verifica in spagnolo: con mañana si intende mattina e anche domani; tant’è vero che domani mattina si dice mañana por la mañana. Del resto, piemontese e spagnolo sono entrambe lingue neolatine.

Sèira, dal latino serus, è il momento più vicino a ieri, il momento con cui si è conclusa la giornata di ieri: a sera, appunto. Quante declinazioni di sèira (intesa come sera) nella tradizione popolare piemontese! Ëd prima sèira (all’imbrunire), tante ròbe ch’as vasto ‘d dì, ës rangio ‘d sèira (tante cose che si guastano di giorno, si aggiustano di sera), ross ëd sèira e ciàir a ȓa matin, a ȓ’è ȓa giornà dëȓ pelegrin (rosso di sera e chiaro al mattino, è la giornata del pellegrino).

C’è poi ȓa sèira dij feu (la sera dei falò, tradizionalmente il 7 settembre), una pratica che segnando il susseguirsi delle stagioni e quindi dell’agricoltura, faceva appello alla fede: non un falò qualunque, ma un rito propiziatorio campestre che si rivela pretesto sociale e spirituale. I preparativi e l’attesa intrepida sono di solito il vero fulcro per predisporsi a mirare sotto la luna quel bel falò, con le sue forme ogni volta fenomenali, cercando con lo sguardo altri fuochi sulle colline circostanti e con il dito indicarli agli altri.

Paolo Tibaldi

Banner Gazzetta d'Alba