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«Per mettere su casa e istruirsi fino alla laurea si arriva a 35 anni, quando può essere tardi per pensare ai bimbi»

Alla ricerca del bene comune  in una società frammentata con Francesco Belletti direttore Cisf

L’INCHIESTA Sono davvero molteplici le immagini che si aprono quando chiediamo ai lettori attraverso il nostro questionario sul sito Gazzettadalba.it: «Come vedi la famiglia del futuro?». «Tra 50 anni non ci saranno più famiglie con due figli come la nostra ma con un figlio solo o nessuno», dice un lettore. E un altro: «Non esisterà più».

Eppure, nonostante prevalgano le visioni di natura apocalittica, le prospettive di speranza non mancano: «Per conto mio, potremmo assistere a un ritorno di identità, dei valori, del tempo a disposizione. Anche a costo di qualche passo indietro dal punto di vista del benessere economico».

«Per mettere su casa e istruirsi fino alla laurea si arriva a 35 anni, quando può essere tardi per pensare ai bimbi»

Si fa strada una teoria: rinunciando a parte della comodità materiale, sarà possibile recuperare dimensioni esistenziali più autentiche e in grado di garantire una migliore qualità di vita.

La potenzialità positiva del cambiamento, che tuttavia richiede un processo di adattamento, è intuita da un altro lettore: «Sicuramente non ci saranno le famiglie a cui siamo abituati oggi. Ci saranno invece più coppie separate e divorzi. Ma sarà la normalità e i bambini vivranno in modo meno traumatico la situazione. Nel resto del mondo funziona in questo modo da anni».

L’inchiesta sulla famiglia

Emerge comunque la consapevolezza della responsabilità della politica e delle istituzioni nel determinare le fatiche del quotidiano, nel creare uno scenario culturale autoreferenziale e poco propenso alla solidarietà: «Si frantumerà l’idea che abbiamo oggi di famiglia. Questo sistema economico è basato troppo sull’individualità, sul riuscire nella propria vita, anche se la gente viene sfruttata, sottopagata, truffata. Ognuno pensa a sé stesso, senza cura per la comunità, per il prossimo». E infine: «La vedo male, purtroppo. Per creare una famiglia si deve iniziare a lavorare a 18 anni. Chi si vuole laureare, poi trovare lavoro, casa e stabilità, non farà figli prima di aver compiuto 35 anni. E i figli non si cercano a 35 anni: l’infertilità è un problema sempre più diffuso e aumenta con l’età della donna. Le cure per la procreazione assistita costano cifre impensabili e non tutti se le possono permettere o possono aspettare cinque anni per iniziare il processo con il Sistema sanitario nazionale. Per forza nascono meno bambini. E, a mio avviso, sarà sempre peggio».

r.a.

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