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Giornata delle vittime d’amianto, 11mila siti ancora contaminati nel Cuneese

Giornata delle vittime d'amianto, 11mila siti ancora contaminati nel Cuneese
Rimozione di amianto a Bra

AMIANTO Oggi (venerdì 28 aprile) è la Giornata mondiale per la sicurezza sul lavoro. È stata istituita nel 2003 dall’Organizzazione internazionale del lavoro, come momento di riflessione e confronto sui temi legati alla cultura della prevenzione nei contesti professionali.

La ricorrenza si celebra ogni anno il 28 aprile, per ricordare la data della promulgazione della Convenzione sulla sicurezza e la salute dei lavoratori, adottata nel 1981 dall’Organizzazione internazionale del lavoro. Si ricordano anche le vittime dell’amianto, la celebre fibra killer su cui abbiamo realizzato un servizio sul numero scorso e che pubblichiamo di seguito.

In Piemonte 49mila aree necessitano bonifica

Un materiale che veniva utilizzato per edificazioni, strutture, coperture, poi scoperto colpevole di provocare mesotelioma pleurico: si chiama amianto o asbesto. A metà aprile l’Afeva (l’Associazione dei familiari delle vittime dell’amianto) è stata ricevuta in audizione alla Commissione sanità del Consiglio regionale. Durante l’incontro sono state pronunciate parole forti, numeri dal rumore molto violento. «In Piemonte sono oltre cinquemila i morti dovuti all’amianto dal 1990, oltre 300 le diagnosi di tumore ogni anno. Siamo al secondo posto in Italia dopo la Lombardia per numero di vittime», ha detto Silvio Magliano, presidente del gruppo Moderati. Magliano ha poi richiesto la convocazione di un tavolo con la partecipazione attiva degli assessori regionali alla sanità e all’ambiente. Perché l’amianto fa ammalare anche dopo decenni.

Durante l’incontro torinese, riprendendo i dati del Ministero dell’ambiente, è emerso che in Piemonte esistono almeno 49mila aree in cui è presente l’asbesto (solo 10mila bonificate). Il tema assume rilevanza non solo sul fronte della prevenzione, ma anche sul versante della sensibilizzazione: il 28 aprile ricorrerà la Giornata mondiale delle vittime dell’amianto. I rappresentanti delle associazioni dei familiari nel corso degli anni hanno espresso forte preoccupazione per la lentezza con cui le istituzioni affrontano il tema e descritto uno stato di profonda solitudine della cittadinanza che vive nei siti contaminati.

Giornata delle vittime d'amianto, 11mila siti ancora contaminati nel Cuneese 1

Nicola Pondrano, ex sindacalista e referente per Afeva ha spiegato: «Anche in provincia di Cuneo, specie nel mondo agricolo, esistono ancora molte strutture interessate dalla presenza di amianto. Pensiamo alle stalle, ai capannoni, ai ricoveri per attrezzi e tanto altro. Secondo i dati di cui disponiamo, nella Granda sarebbero almeno 11mila i siti che attendono di essere bonificati, ma potrebbero essere molti di più». Solo ad Alba fino al 2018 (ultimo anno di censimento) rimanevano ancora 120mila metri quadrati ancora da sanare.

L’attivista ha anche ammesso come il Piemonte, rispetto ad altre regioni d’Italia, si sia dimostrato virtuoso sul fronte della velocità della mappatura, tanto che rispetto alle altre regioni sembra maggiormente contaminato. L’elenco dei siti tuttavia non rappresenta che il passaggio preliminare nel processo di rimozione del materiale cancerogeno: una volta individuata l’area, il processo di validazione per capire se si tratti di eternit è lungo e tortuoso.

Pondrano: «Nel Casalese negli scorsi anni sono morte migliaia di persone, non solo lavoratori della fabbrica che produceva il materiale ma anche residenti. Non possiamo abbassare la guardia. E, oltre al tema della prevenzione, non dobbiamo dimenticare l’importanza di generare speranza nelle vittime dell’amianto: perciò, come associazione ci impegniamo nel promuovere la ricerca rispetto a malattie come il mesotelioma. In Italia i numeri legati a questa malattia risultano in incremento, perché sono aumentate le capacità diagnostiche. Se un tempo molti casi venivano valutati come tumore al polmone, oggi emergono correlazioni più frequenti con l’asbesto. Non dobbiamo sottovalutare l’impatto sulla salute pubblica di questo materiale».

L’azienda di Casale Monferrato che causò il disastro

Sempre troppi tetti e superfici da bonificareL’eternit è stato prodotto dall’omonima azienda fondata nel 1906: si tratta di una lega in cemento e amianto adatta a vari usi e conveniente. Casale Monferrato divenne il più grande sito produttivo in Europa.

Il complesso era esteso per 94mila metri quadrati, di cui 50mila coperti. Nello stabilimento lavorarono in ottant’anni circa 5mila persone, per un numero medio di dipendenti compreso tra i mille e i duemila. Molte persone, per ragioni economiche, ambivano a firmare un contratto con l’Eternit: dopo alcuni decenni di attività, tuttavia, iniziarono ad emergere i problemi di salute. Si registrarono aumenti significativi dei casi di mesotelioma, una grave patologia tumorale proprio causata dall’esposizione all’asbesto: il materiale si “aggancia” al tessuto polmonare, dando origine alla malattia anche dopo decenni. Ad ammalarsi furono i lavoratori ma anche i residenti, a causa della frantumazione del materiale, del suo trasporto con mezzi scoperti, della distribuzione degli scarti della lavorazione, del cosiddetto “polverino”.

Secondo un rapporto dell’Inail, tra il 1993 e il 2018 in Italia sono stati diagnosticati oltre 31.500 casi di mesotelioma maligno. Il 56% dei malati risiede in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna.

Negli anni ’70 e ’80 iniziò a Casale Monferrato una dura e tenace lotta per tutelare i lavoratori. La dirigenza dell’Eternit si oppose, si innescarono vicissitudini giuridiche che portarono la ditta nel 1986 a presentare istanza di fallimento. Un anno dopo, l’Eternit propose la riapertura dello stabilimento, ma la comunità esercitò pressioni affinché si emanasse l’ordinanza per il divieto di utilizzo dell’asbesto nel territorio. Da allora, la città divenne leader nella battaglia per la sensibilizzazione sugli effetti avversi del materiale cancerogeno e nell’avvio della rimozione attraverso operazioni di mappatura e bonifica.  

Roberto Aria

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