Quanto è difficile pensare la vita secondo Dio!

UN PENSIERO PER DOMENICA

In uno dei documenti più illuminanti del post-Concilio, il Rinnovamento della catechesi, leggiamo che lo scopo della catechesi è accompagnare le persone fino ad acquisire la «mentalità di fede», ossia a pensare come Cristo, a «vedere la storia come Lui, giudicare la vita come Lui, scegliere e amare come Lui, sperare come insegna Lui…» (n. 38). Le letture della XXII domenica (Ger. 20,7-9; Mt 16,21-27) ci fanno toccare con mano quanto sia difficile raggiungere questo traguardo, perché è molto forte la tentazione di «pensare secondo gli uomini».

Quanto è difficile pensare la vita secondo Dio!
Pietro a Cesarea nella casa del centurione romano Cornelio in un’incisione di Gustave Doré (1832-1883).

Ce lo ricordano Geremia e Pietro, due tra i personaggi più passionali della Bibbia, l’uno per la giovane età, l’altro per il carattere. Geremia aveva seguito la sua vocazione di profeta, rinunciando alla tranquilla e garantita carriera di sacerdote sulle orme del padre. Quando arrivano lo scontro con il potere e la persecuzione – «Sono diventato oggetto di derisione; ognuno si fa beffe di me» – ecco la tentazione di mollare tutto: «Non penserò più a lui; non parlerò più nel suo nome». Se questo non è avvenuto è perché «nel mio cuore c’era come un fuoco ardente (…) Mi sforzavo di contenerlo ma non potevo». La scintilla dell’amore aiuta a superare i momenti di crisi. 

La reazione di Pietro segue immediatamente la confessione di Cesarea che ci è stata proposta la scorsa domenica. L’intuizione e il solenne riconoscimento della messianicità di Gesù avevano fatto nascere in lui delle aspettative che mal si conciliavano con le difficoltà della missione. Il buon senso umano suggeriva di cercare altre strade, ma Gesù gli ricorda che questo non è pensare secondo Dio, ma secondo gli uomini. Da Dio noi possiamo trarre non solo il dono della vita, ma anche un motivo per vivere. E avere un motivo per vivere vale più della stessa vita. 

Una vita secondo Dio implica due atteggiamenti di fondo indicati da Paolo ai Romani nella seconda parte della sua lettera (12,1-2) in cui offre indicazioni per vivere da salvati. La prima è l’invito a offrire i nostri corpi come un «sacrificio vivente». In un contesto religioso – sia giudaico che pagano – che faceva del sacrificio di animali l’espressione massima del culto a Dio, Paolo ricorda che l’offerta più preziosa e più gradita a Dio è quella della nostra vita: non spargere sangue ma vivere per gli altri! La seconda indicazione è: «Non conformatevi alla mentalità di questo mondo». Uno stile di vita alternativo comincia dalla testa: solo se parte dalle idee, se ha delle solide motivazioni può diventare prassi. Ecco perché è indispensabile continuare a misurarci con la Parola di Dio e la proposta di vita che da essa scaturisce.

 Lidia e Battista Galvagno

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