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LiberAzioni Festival dialoga col carcere partendo dai detenuti

Dal 9 al 15 ottobre a Torino, con film, incontri ed eventi

LiberAzioni Festival dialoga col carcere partendo dai detenuti
(foto scaricata da sito ANSA)

TORINO L’estate è una stagione terribile per chi sta in carcere, perché in questo periodo nelle persone detenute aumenta la consapevolezza di sentirsi abbandonate e senza prospettive. Non è un caso, infatti, che proprio d’estate aumenti il tasso di suicidi. È necessario riflettere e andare in profondità nei fenomeni intorno alla vita in carcere, un settore della società troppo abbandonato a se stesso.

È quello che fa LiberAzioni – festival delle arti dentro e fuori, che quest’anno giunge alla quarta edizione biennale e approfondisce la relazione fra carcere e società.

Un programma, dal 9 al 15 ottobre in diversi luoghi della città, realizzato da Amnc-Associazione Museo Nazionale del Cinema in collaborazione con l’Ufficio della Garante dei diritti delle persone detenute della Città di Torino, attraverso il percorso ‘Per un dialogo con il carcere’, anche sottotitolo del festival.

Apre il programma il 9 ottobre un evento dedicato al Sudan al Cine Teatro Baretti, con il film ‘del 2019 ‘You Will Die at Twenty’ di Amjad Abu Alala alla presenza di Yagoub Kibeida, executive director di Mosaico e vicepresidente di Ecre – European Council on Refugees and Exiles. La proiezione del film, che ha ottenuto a Venezia il Leone del Futuro opera prima, sarà l’occasione per parlare della drammatica situazione che vive la popolazione civile in Sudan, dopo il processo non violento compiuto dalla cittadinanza che avrebbe dovuto portare la democrazia nel paese. L’opera ha rappresentato per la prima volta il Sudan agli Oscar nel 2021.

L’edizione 2023 avrà una forte connotazione femminile grazie alla presenza di alcune ospiti come Annalisa Cuzzocrea, Monica Cristina Gallo, Tizza Covi, Vera Gemma e Kasia Smutniak, che a diverso titolo porteranno la propria opinione nel dibattito attuale sul carcere.

«Ad accomunare le donne – aggiunge Valentina Noya, direttrice di Amnc – c’è però un’altra categoria sociale inascoltata, sofferente, abbandonata e senza prospettive: i giovani. Sulla loro pelle si giocano le sorti dell’architettura della giustizia minorile attraverso nuovi percorsi di criminalizzazione e stigmatizzazione, ma anche del futuro del Paese».

Ansa

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