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L’unica festa a cui non possiamo rinunciare

L’unica festa a cui non possiamo rinunciare
L’ultima cena di Gesù, particolare da miniatura di un Vangelo siriaco del Tredicesimo secolo.

PENSIERO PER DOMENICA – XXVIII TEMPO ORDINARIO – 15 OTTOBRE

Il Vangelo di Gesù è di perenne attualità. Chissà quanti preti celebranti, proclamando il Vangelo di questa domenica (Mt 22,1-14), guardando i posti vuoti in chiesa, si sentiranno in totale sintonia con il re, che dopo aver preparato una magnifica festa di nozze si ritrova a fare i conti con il mancato arrivo degli invitati! Ciò rende questa pagina affascinante, ma sconcertante, difficile da accettare, quasi impossibile. Che un re di questo mondo scateni una guerra per uno sgarbo come l’assenza a un pranzo di nozze, ci sta. Ma che a fare questo sia il Dio di Gesù Cristo, no! Ecco perché sono necessari alcuni spunti di esegesi. Per esempio, la cacciata del commensale senza abito nuziale è assurda se non si spiega che la veste nuziale veniva offerta gratuitamente a tutti gli invitati. Ma ci sono altre questioni da chiarire.

L’unica festa a cui non possiamo rinunciare
L’ultima cena di Gesù, particolare da miniatura di un Vangelo siriaco del Tredicesimo secolo.

La rilettura di un fatto già successo. Quando Matteo scrive il suo Vangelo, ciò che viene raccontato nella parabola è già successo: i primi invitati al banchetto – i Giudei, in particolare i capi del popolo e i notabili – hanno rifiutato l’invito a seguire Gesù e sono stati sostituiti da altri: i poveri, gli esclusi, i pagani, i peccatori. La maggioranza dei primi lettori del Vangelo si identificava con loro e gioiva dell’invito assolutamente inaspettato. Anche noi possiamo gioire di questo.

 

Rifiutare l’invito a un pranzo di nozze, a quei tempi, era incomprensibile. Molto più vicino a noi, nel tempo e nello spazio, Beppe Fenoglio, ne La malora e in altri racconti (pensiamo a La pioggia e la sposa) esprime lo stesso concetto: per persone denutrite, che solo nelle grandi occasioni potevano alzarsi da tavola sazi, rinunciare a un pranzo di nozze era qualcosa di inimmaginabile. La parabola di Gesù, interpretata anche alla luce delle parole di Isaia (25,6-10) suggerisce che è altrettanto incomprensibile che alcune persone possano non apprezzare il nutrimento e la gioia che il Vangelo può offrire. Oggi facciamo più fatica a comprendere sia la rinuncia a un pranzo di nozze sia alla gioia del Vangelo. La sazietà di cibo è la condizione normale della maggioranza di noi e il mondo dei media ci permette di scegliere tra molte possibili fonti di gioia e di senso, anche se non sempre genuine e salutari.

 

Il menù incomparabile che Gesù ci offre lo si intuisce nelle parole di Paolo ai Filippesi (4,12-20), che esprimono la pienezza di vita data da Cristo. Di nessun altro si può dire: «Tutto posso in colui che mi dà la forza». Ecco perché l’incontro con Cristo è qualcosa di unico e irrinunciabile anche per noi oggi.

Lidia e Battista Galvagno

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