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Ognuno di noi è responsabile della sua vita

PENSIERO PER DOMENICA – XXVI TEMPO ORDINARIO – 1 OTTOBRE

In una celebre pagina del profeta Ezechiele (18,25-28), rivolta agli Israeliti che fino a poco tempo prima erano la classe dirigente del Paese e ora vivono come schiavi a Babilonia, viene affermato il principio della responsabilità personale. Ogni persona porta su di sé la responsabilità delle proprie scelte e delle proprie azioni. Ognuno, prima o poi deve rendere conto di come ha svolto il compito che gli è stato affidato. Nelle altre due letture troviamo tre modelli: uno perfetto, uno imperfetto e un antimodello.

Ognuno di noi è responsabile della sua vita
Gesù predica seguito dalla folla, da una miniatura araba del XVII secolo, Parma, Biblioteca palatina.

Il modello perfetto di assunzione delle proprie responsabilità ci viene offerto da Gesù. Il testo si trova in una lettera di Paolo (Fil 2,1-11) ma probabilmente era un inno pasquale a Cristo Gesù, un inno pregato o cantato da questa comunità nelle assemblee liturgiche. Gesù è il modello perfetto in quanto sempre obbediente alla volontà di Dio e capace di non cercare l’interesse proprio, ma quello degli altri. Per questo rinuncia al privilegio di essere uguale a Dio e si abbassa al piano degli uomini, accettando di sperimentare su di sé la morte, preceduta dalla sofferenza. Per questo viene esaltato e innalzato da Dio. Un destino anticipato dalla liberazione degli schiavi.

 

Il modello imperfetto è il primo di due figli nella parabola raccontata da Gesù (Mt 21,28-32). All’invito del padre di andare a lavorare nella vigna risponde con un rifiuto sgarbato: «Non ne ho voglia!». È l’immagine dell’uomo ribelle, che fa fatica a entrare nel progetto di Dio, ma lo fa in modo schietto, dicendo come la pensa, assumendosi le proprie responsabilità. Questo uomo, impulsivo ma vero, ha concrete possibilità di convertirsi: la stessa impulsività che lo ha spinto a dire di no può indurlo a dire di sì: magari non a parole, ma con i fatti: «Si pentì e vi andò».

 

L’antimodello è il secondo figlio, ossequioso e mite a parole, disobbediente di fatto. Sappiamo che Gesù ha messo in guardia da questi atteggiamenti, rimproverando i suoi uditori di non aver prestato ascolto all’invito alla conversione lanciato loro da Giovanni Battista. Per chi si comporta in questo modo è molto più difficile convertirsi – pur se non impossibile – perché il perbenismo e la falsità inducono la persona a “sentirsi a posto”, mentendo prima di tutto a sé stessa. Per tutti però vale la rassicurazione di Ezechiele, che indica un preciso percorso in tre tappe: se il malvagio si converte dalla sua malvagità, se riflette e si allontana da tutte le colpe «certo vivrà e non morirà».

 Lidia e Battista Galvagno

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