Una democrazia fallisce quando corre il rischio che i non pensanti prevalgano sui pensanti

Una democrazia fallisce quando corre il rischio che i non pensanti prevalgano sui pensanti
Le scarpe usate negli anni Cinquanta, con lo zoccolo in legno rinforzato con copertoni di bicicletta e chiodi

LETTERA AL GIORNALE Gentile direttore, io appartengo a un’altra era, e certe cose mi lasciano perplesso. Alcune sere fa, in televisione si parlava di quanto è successo a Caivano in Campania. Ad Alba, negli anni Cinquanta, esisteva via Macrino, cosa analoga, in sedicesimo: c’era il degrado e la violenza, ma ciò che ho sentito nel programma televisivo è inammissibile. Che una madre dica che il figlio non può andare in giro con scarpe non firmate, è il minimo storico! Cosa ci comunica?

Mi permetto di allegare una fotografia con due calzature proprio degli anni Cinquanta: quella più grande era la mia, quella più piccola era invece del mio fratellino. Mio padre rinforzava lo zoccolo in legno con il copertone di bicicletta e con chiodi a ferro di cavallo per allungarne la vita. Io abitavo a Scaparoni: tre chilometri di strada infame, con pioggia e neve, portando il legnot per scaldarsi. A Scaparoni allora c’erano soltanto le scuole elementari sino alla terza, poi si andava a Piana Biglini, ma quelli che andavano oltre la terza erano pochi.

A Scaparoni la pieve era diventata parrocchia: il parroco don Gustavo adattò una camera con banchi di fortuna e una stufa, e così, diciamo, privatamente, frequentai i due anni: eravamo cinque o sei alunni. Ho avuto il primo paio di scarpe in terza media, in prima e seconda media arrivavo in bicicletta con gli zoccoli allo stallaggio L’Elefante, e lì infilavo le pantofole artigianali fatte a Monticello.

Una democrazia fallisce quando corre il rischio che i non pensanti prevalgano sui pensanti
Le scarpe usate negli anni Cinquanta, con lo zoccolo in legno rinforzato con copertoni di bicicletta e chiodi

Mi ricordo la guerra partigiana, i bombardamenti: mancava il sale e molto altro, mio padre andava a Mussotto dove c’era una fontana di acqua salata. Siamo sopravvissuti, e senza retorica posso affermare che abbiamo rimesso in piedi l’Italia?

Mi è concesso fare un paragone con l’oggi? Prendo a prestito da un libo di Luigi Einaudi del 1943 sul futuro: «Riusciremo! Con l’istruzione, l’educazione, l’esperienza e la discussione, a ridurre al minimo il rischio che i non pensanti piglino il sopravvento sui pensanti». Su questo punto abbiamo fallito! Questo è il problema della democrazia. Non ho nostalgie particolari, d’estate c’era il caldo: si dormiva sul balcone, su un sacco di yuta. E, alcuni fortunati, invece del doppio lavoro sono andati a scuola di sera.

 Piero Vittorio Molino

Gentile signor Molino, ogni volta che un lettore scrive a Gazzetta d’Alba, raccontando episodi che lo riguardano, viene fuori un mondo particolare, che non è folklore romantico, non è un riproporre in piccolo L’albero degli zoccoli, ma lezione di vita. Ed è importante conoscere questo mondo sul quale poggia il presente e il futuro di questo territorio: una buona pianta cresce e produce frutti se ha buone e sane radici. Quello che diventa però più complicato è il paragone tra il passato e il presente, il sovrapporre situazioni storiche diversissime, contesti sociali con problemi enormi incancrenitisi nel tempo. Se un po’ di retorica e di populismo mediatico sventolano casi come quello delle scarpe firmate o il luogo comune dei fannulloni che preferiscono il reddito di cittadinanza al posto di lavoro, un ragionamento più serio e avulso da ideologismi politici dovrebbe proprio fare sue le riflessioni di Luigi Einaudi, da lei citate, sulla necessità di educazione, istruzione, scuola eccetera: a partire non tanto dal figlio con le scarpe firmate, ma dalla mamma e, ci metterei anche, a partire dalla classe politica che rappresenta e produce questo tipo di mamme.

 g.t.

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