IL PERSONAGGIO Compiere 99 anni rende testimone di epoche che paiono lontanissime. Ancor più se tale periodo è stato vissuto intensamente. Da Dario Peirano, escono uno dopo l’altro dettagli di grande interesse. Il traguardo lo ha tagliato il 29 novembre: superata una lieve indisposizione, appena possibile la ricorrenza sarà festeggiata con la famiglia.
Il nome di Peirano risuonerà familiare in molte cascine attorno ad Alba. Durante la sua carriera lavorativa entrò in parecchie di esse, principalmente nelle stalle: fino alla pensione, arrivata nel 1989, è stato veterinario.
La sua storia, alcuni anni fa, l’ha raccolta in un volumetto Cathy, moglie statunitense del nipote Gian Maria. Loro, insieme all’altra nipote Cristina, si occupano della tutela dello zio, ora ospite all’istituto Ferrero. Sono figli del fratello Sergio, scomparso nel 1995 a 69 anni.
Dario, invece, si è mai sposato. La sua nascita avvenne al Colle San Bernardo di Garessio, alternativa all’autostrada tra le più gettonate per raggiungere il mare. Oggi gli edifici sono abbandonati, ma all’epoca la zona era fiorente. «Abitavo nella casa cantoniera, mio padre Giovanni, originario di Serra di Pamparato, era competente per il tratto fino al confine con la Liguria. Mia mamma, Palmina Bellino, gestiva un’osteria al colle. Cuoca bravissima, veniva da Cerisola, una frazione di Garessio». La località è uno dei pochi centri abitati piemontesi posti oltre lo spartiacque: geograficamente è Liguria, ma amministrativamente è Cuneo, Albenga dista 20 chilometri. «Là frequentai la prima elementare, vivevo dalla nonna Paolina. Poi, per un anno, io e mio fratello andammo ad Albenga, ospiti di zia Linda».
Ed è nel 1935 che i Peirano arrivano ad Alba: «Promossero mio padre capo-cantoniere e lo trasferirono in città. Affittavamo un appartamento dietro corso Langhe, all’altezza del bar Principe. Mia mamma cucinava per tre studenti dell’Enologica: soprattutto con il cileno Duilio Canepa divenni molto amico e, anni dopo, lo andai a trovare nel suo Paese». Dopo la quarta elementare, Dario frequenta 5 anni di ginnasio e 3 di liceo. «Ricordo soprattutto i professori Cocito e Chiodi. Nel 1941 mi iscrissi alla facoltà di veterinaria a Torino».
La guerra lascia un segno tragico nella famiglia: «Nel 1944 tornai ad Alba per Ognissanti e, subito dopo, finirono i ventitré giorni della città libera. Mio papà, uscendo di casa per comprare il pane, fu ucciso dai fascisti che da un camion sparavano a tutti. Io scappai sulle colline, ero renitente alla leva, mentre mio fratello entrò nei Garibaldini. Il fascismo mi portò via anche lo zio materno Mario, ucciso in Liguria».
È stato direttore del macello albese
Terminata la guerra, Dario Peirano inizia a esercitare la professione di veterinario. «Giravo con la moto, poi con una Cinquecento. Controllavo mucche, cavalli e mi specializzai nella cura di vitelli piccoli. Per due anni lavorai con Ravinale; morì improvvisamente e molti suoi clienti si rivolsero a me. Partecipai al concorso pubblico per la direzione del macello di Alba e lo vinsi. Iniziai poi a lavorare come capoufficio all’Asl, controllavo i colleghi e i macelli privati. Essere affabile e gentile con tutti mi ha sempre agevolato nel lavoro, ho avuto tanti clienti e tante amicizie».
Molti i viaggi effettuati per diletto, compresa la visita a Ottawa, nell’Illinois, alla famiglia della nipote. Per anni è stato presidente degli Oriundi cerisolesi «organizzavamo rinfreschi in estate, quando al paese c’è più gente». La salute l’ha sempre accompagnato: «Affronto la vita con calma, ho mai fumato e sono parco nel mangiare. Camminare e leggere sono ancora le mie attività preferite», conclude Dario Peirano.
Davide Barile