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Politica internazionale. Troppe armi minacciano la pace in Europa

Politica internazionale. Troppe armi minacciano la pace in Europa

UNIONE EUROPEA L’aggressione della Russia all’Ucraina, il 24 febbraio 2022, ha prodotto una guerra che dura da due anni e non se ne vede la fine. Ma già si può fare un bilancio di quanto questo abbia contribuito alla corsa al riarmo e quanto spinga molti Paesi a procedere in questa direzione.

Limitiamoci qui alla spesa militare aggregata dell’Ue e dei Paesi europei nei Paesi dell’Unione europea che ammonta a 346 miliardi di dollari (oltre tre volte la Russia e poco meno di un terzo degli Usa), diversamente ripartiti percentualmente a seconda anche delle rispettive posizioni geografiche e della pericolosa vicinanza alle frontiere della Russia.

Premesso che complessivamente i 27 Paesi Ue destinano alla spesa militare tra l’1% e il 2% della ricchezza nazionale prodotta (Pil), emergono nel 2023 differenze che parlano da sole, con la Polonia che vi destina il 3,9%, la Grecia il 3%, l’Estonia il 2,7%, Finlandia e Lituania 2,5%, Ungheria e Romania il 2,4%, la Lettonia il 2,3% e la Slovacchia il 2%. Tutti Paesi che hanno già destinato, e anche largamente superato, il 2% del Pil richiesto per il sostegno all’Alleanza atlantica (Nato), mentre gli altri sono impegnati ad avviarsi verso quella soglia. Già non vi sono lontane Francia (1,9%), Bulgaria (1,8%) e Paesi Bassi (1,7%). Si collocano attorno a 1,5% Germania, Italia, Portogallo, Slovenia e Svezia.

A fronte di queste percentuali può essere interessante completare il quadro con due considerazioni complementari, relative ai costi sostenuti dall’Ue rispetto agli Usa nel sostegno all’Ucraina in guerra e l’atteggiamento degli italiani nei confronti di questi impegni.

Il raffronto Ue/Usa quanto a costi sostenuti in questi due anni è presto fatto: a metà 2023 l’Ue aveva destinato all’Ucraina 132 miliardi, contro i 69 degli Usa, con la Germania in testa ai donatori, seguita da Spagna, Francia e Italia con 1/6 rispetto alla Germania. Questi valori si invertono quanto al tipo di sostegno: di gran lunga prevalente in armi quello degli Usa, con l’Ue impegnata maggiormente in aiuti umanitari e finanziari.

E qui sorge una domanda: e gli italiani come si posizionano a proposito di questo sostegno all’Ucraina? Un sondaggio recente dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) racconta che gli italiani sono largamente favorevoli agli aiuti umanitari e per l’accoglienza ai profughi, favorevoli sopra al 50% per gli aiuti finanziari e le sanzioni contro la Russia, ma solo il 32% è favorevole agli aiuti militari.

Particolarmente incerta poi l’apertura degli italiani all’adesione dell’Ucraina all’Unione europea: si equivalgono le risposte positive con quelle negative, mentre il restante terzo dichiara di non sapere.

Più chiare invece le idee su quali attori internazionali sono diventati più o meno influenti nel corso della guerra in Ucraina: tra chi ha guadagnato in influenza, in prima posizione la Cina seguita dalla Russia e dagli Usa, meno la Nato, mentre hanno perso terreno e considerazione in una scala discendente Francia, Onu, Germania, Unione Europea e Italia.

Senza dimenticare l’affidabilità e la variabilità dei sondaggi, questi sono numeri che disegnano un’opinione pubblica molto frammentata, ma globalmente preoccupata per una guerra segnata da costi molto alti – che tali sono prima di tutto per il popolo ucraino – e con un orizzonte di pace che le armi non lasciano intravvedere.

Franco Chittolina        

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