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Enzo Bianchi: «Non c’è più fede, ma possiamo invertire la rotta»

Arte per cercare verità insieme a Derio Olivero 4

L’INTERVISTA Il centro culturale San Paolo, diretto da don Giuliano Censi, per l’edizione in corso ha scelto il tema “Vangelo e inculturazione”. La prima declinazione, dedicata alle connessioni tra la Bibbia e le diverse culture, è stata affidata il 7 ottobre a Romano Penna, sacerdote e studioso originario di Castiglione Tinella. Il secondo incontro sarà con Enzo Bianchi, monaco e scrittore, fondatore della comunità di Bose e di recente della Casa della madia ad Albiano. Lunedì 11 novembre, alle 18 nella chiesa di San Domenico sarà ospite dei Lunedì di san Paolo per parlare di “Inculturare la fede oggi”.

Inculturare: cosa significa questo verbo, Enzo Bianchi?

«Partiremo dal constatare che oggi la fede è “esculturata”, ovvero estromessa dalla cultura generale, relegata a una posizione non solo marginale. Talvolta risulta del tutto dimenticata. Sto parlando del cristianesimo ma anche del sentimento di fede in senso più ampio. La società umana è dominata da una sorta di nichilismo che appiattisce ogni cosa, non esiste più quella connessione che fino a pochi anni fa portava le persone a sentirsi collegate con qualcosa di più grande. Se osserviamo la Chiesa e la religione cattolica, assistiamo a un generale disinteresse della popolazione: non solo verso i riti e le funzioni, ma anche verso le parole del Papa, gli insegnamenti dei testi sacri e ogni aspetto del vivere religioso. Faccio un esempio: pochi giorni fa è terminato il Sinodo mondiale dei vescovi, un percorso durato diversi anni e importante per molte ragioni, eppure nessun quotidiano ha dedicato un articolo al tema. Questo disinteresse è lo specchio di una comunità molto distante dal concetto e dall’esperienza della fede».

Perché a suo avviso accade tutto ciò?

«Le persone sono deluse. Da un lato la Chiesa al senso diffuso di disillusione e disincanto non riesce a fornire risposte adeguate e per questo penso che la “crisi” della fede non si risolverà nel breve periodo. Lo scarso coinvolgimento delle nuove generazioni nella quotidianità religiosa è una manifestazione di questo fenomeno. Il distacco avviene su una scala ancora più ampia: la politica negli ultimi anni si è dimostrata menzognera, corrotta e poco attenta ai reali bisogni delle persone. Questo ha creato una sorta di sfiducia, di rottura della speranza. Oggi la gente non pensa che unendosi o lavorando per la comunità si possa ottenere qualcosa di bello e grande, ma tende a rannicchiarsi su sé stessa e a difendersi. L’11 novembre parleremo di tutto questo e di come sia possibile tornare a “inculturare la fede”, costruendo una cultura e un sentimento differenti da quelli oggi dominanti». 

Matteo Viberti 

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