
ASSISTENZA In tutta la provincia di Cuneo non esistono comunità terapeutiche residenziali per la presa in carico di chi soffre di disturbi alimentari. In tutto il Piemonte, in verità, la situazione è grave. È il motivo per cui pazienti e famiglie sono costretti a spostarsi fuori regione, alla ricerca di un posto disponibile, aggiungendo altri ostacoli a un percorso già di per sé complesso.
La novità è che, tra un anno, aprirà le porte la prima comunità della nostra provincia, a pochi passi dall’ospedale Ferrero. Sorgerà al posto di una cascina che si trova nel Comune di Pocapaglia, in località San Martino, prima della salita degli Orti. Il cantiere è stato avviato in questi giorni.
L’iniziativa è della cooperativa Coesioni sociali, che ha sede ad Alba e che si occupa anche di minori, con diverse strutture. Il direttore Gian Piero Porcheddu: «I dati, confermati a livello nazionale, sono allarmanti. E le risposte purtroppo continuano a essere molto carenti. Tra le ragazze, i disturbi alimentari sono la seconda causa di morte, dopo gli incidenti stradali. È vero che serve agire a livello generale per intercettare i primi segnali, dalla scuola allo sport e alle famiglie, ma il Servizio sanitario è chiamato a rispondere in modo efficace in tutte le fasi».
Nel frattempo, se si guarda al Torinese, alle Molinette i posti letto per questi pazienti sono passati da 13 a 7, senza un reparto dedicato. Vengono ricoverati in psichiatria. Sono alcuni dei dati emersi dalla Commissione sanità regionale, che ha incontrato le associazioni Rinati sotto la mole e Lo specchio ritrovato, alcune settimane fa. Il loro è stato un grido d’allarme, che ha provocato anche la reazione politica del Pd, contro l’assessorato guidato da Federico Riboldi. C’è anche una legge regionale, la 10 del 2022, che attende di trovare una piena attuazione.
Le comunità rappresentano un anello essenziale. Riprende Porcheddu: «Abbiamo iniziato a occuparci di questo tema quando se ne parlava poco. Abbiamo visitato strutture in regioni più avanti rispetto al Piemonte: la presa in carico complessiva è la strada da seguire». Nella comunità psicosociale di Coesioni sociali a Scagnello, l’unica esistente nella Granda per minori, sono stati anche accolti ragazzi con anoressia o bulimia. Una situazione che si presenta anche nel centro diurno La rosa di Gerico, che si trova in corso Piave, nel complesso del Divin maestro.

«Sono entrambi luoghi per minori, ma non pensati per questi disturbi. Ed è questo il problema: servono professionisti con competenze specifiche e un ambiente che garantisca il miglior approccio possibile, vista anche la complessità sanitaria».
Il Biancospino, come si chiamerà la struttura di Pocapaglia, si muoverà proprio in questa direzione: accoglierà un massimo di dieci minori tra i 14 e i 17 anni, con una diagnosi di Dna. Sarà una comunità riabilitativa, che si occuperà della fase successiva al ricovero ospedaliero. «La vicinanza all’ospedale Ferrero risponde a quanto richiesto dalla Regione».
Per Porcheddu, si apre una fase decisiva: «La nostra zona oggi ha davvero la possibilità diventare un modello nel campo dei disturbi dell’alimentazione. Abbiamo un ospedale che offre posti letto e che è molto attivo su questo fronte, insieme a una comunità dedicata. Mi auguro che, nei dodici mesi che ci separano dall’avvio della nostra struttura – per cui chiederemo l’accredito con il Servizio sanitario –, la Regione lavori in modo deciso per costruire una rete, così da poter partire da subito».
Francesca Pinaffo
