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La vera forza: donne resilienti nelle avversità

Oltre duemila immigrate vivono sotto le torri: al pari delle italiane devono affrontare il grave problema della conciliazione lavoro-famiglia

La vera forza: donne resilienti nelle avversità

8 MARZO Sono 2.040 le donne di nazionalità straniera residenti ad Alba: a differenza di quanto si pensa, sono di più rispetto agli uomini, che risultano 1.692, secondo gli ultimi dati rilasciati dall’ufficio anagrafe del Comune, aggiornati a fine 2019.

Perché scegliere le loro storie per parlare di 8 marzo ad Alba? Perché – lo vedrete, leggendole – sono assai simili alle nostre e rivelano le difficoltà di una società incapace di sostenere il peso della maternità coniugata con la realizzazione personale nel lavoro, sovente precario e pagato in modo inadeguato. E, tuttavia, le donne, immigrate o no, alla fine ce la fanno. Spesso sbaragliando per la loro tenacia l’altra metà del cielo.

Così, dopo aver iniziato nelle passate settimane il nostro viaggio al femminile con le due comunità straniere più numerose sotto le torri – la romena e quella marocchina –, proseguiamo con le storie di quattro donne di nazionalità diversa, provenienti dagli estremi del mondo: il Brasile, dal quale arrivano 39 donne residenti in città, mentre sono 15 gli uomini; l’India, Paese dal quale provengono cinque donne e tre uomini; la Russia, presente tra gli albesi con 21 donne e 10 uomini. Si tratta di una popolazione ben inserita, fatta di giovani, adulte, mogli, mamme e lavoratrici, ciascuna con la sua storia, che spesso porta con sé la difficoltà di trovare la propria strada in un territorio straniero, al quale si aggiungono le condizioni del mercato del lavoro, molto sovente non favorevoli, soprattutto sul fronte della conciliazione tra lavoro e famiglia.

Anche a livello nazionale, le donne straniere residenti in Italia sono in numero superiore rispetto agli uomini: secondo gli ultimi dati dell’Istituto nazionale per le statistiche (Istat), le donne sono 2.718.000, il 51,7 per cento del totale degli stranieri. Circa il 60 per cento arriva in Italia per motivi di ricongiungimento familiare, ma non mancano casi di donne che lasciano il loro Paese d’origine in autonomia o che scelgono di rimanere in Italia anche dopo essersi separate dal marito.

La questione più problematica è sempre quella riconducibile all’occupazione: nonostante in molti casi si tratti di giovani donne con alle spalle titoli di studio acquisiti nei luoghi d’origine – che in Italia non hanno piena validità – si trovano in condizione di difficoltà nell’inserirsi nel mercato del lavoro, anche per problemi riconducibili alla lingua. Sul fronte della precarietà, sempre secondo i dati dell’Istat, 80 lavoratrici straniere su cento hanno contratti di forma atipica: dal tempo determinato a rapporti di somministrazione, ma anche di lavoro intermittente o stagionale. Quaranta su cento sono occupate part-time, contro il 13 per cento degli uomini, che per la maggior parte lavorano a tempo pieno.

Per quanto riguarda i settori d’occupazione, il 76 per cento delle assistenti domestiche sono di origine straniera. Se si guardano altri ambiti, le straniere trovano impiego più facilmente nel campo dei servizi, del commercio, della ristorazione, dell’industria e dell’agricoltura.

Anche a fronte di questi dati, è evidente come spesso le immigrate si trovino a fare i conti con discontinuità lavorativa, oraria e bassa retribuzione. Il problema della conciliazione lavoro-famiglia riguarda le straniere come le italiane, con la differenza che le prime spesso si trovano in Italia senza la presenza di una rete di supporto familiare e rinunciano così all’impiego per lunghi periodi. Tra le donne straniere con figli, il 19,6 per cento non lavora, mentre il tasso di disoccupazione tra le italiane con figli è pari all’11,3 per cento.

Nonostante le difficoltà, però, l’intraprendenza delle donne non si ferma. Lo dimostra un dato: secondo la Camera di commercio, in Italia sono 145mila le imprese guidate da donne di origine straniera, con una crescita di 4mila unità rispetto all’anno precedente, tanto da rappresentare il 24 per cento del totale delle imprese il cui titolare non è di origine italiana.

Francesca Pinaffo

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