«Corto in Bra ce l’ha fatta, è in doppia cifra»: così scrive la direzione artistica del Festival, in apertura al testo di presentazione dell’edizione 2011 (che si terrà da giovedì 30 giugno a domenica 3 luglio).
Stefano Sardo, direttore artistico con Luca Busso e Francesco amato, con Giuseppe Manassero, presidente del festival, e Biagio Conterno, assessore alla cultura di Bra (Marcato).
Corto in Bra, diretto da Luca Busso e Stefano Sardo con la collaborazione di Francesco Amato, quindici anni dopo la prima edizione del 1996, passando da una scadenza biennale a una annuale, da un’edizione primaverile a una estiva, è arrivato dunque al suo decimo appuntamento.
Come l’Alba international film festival, ma più anziano, e forse più saggio. Perché, per quanto meno ambizioso, Corto in Bra ha saputo negli anni mantenere fede al proprio mandato, senza scossoni organizzativi o drastici ridimensionamenti: corto era il cinema proposto agli inizi, e corto è rimasto oggi.
E nel frattempo ideatori e organizzatori si sono pure tolti qualche soddisfazione, vedendo alcuni dei “loro” autori approdare al lungo, come Giuseppe Gagliardi, vincitore nel 2002 del premio Slow Food on film e ora nei cinema con Tatanka –tratto da un racconto di Roberto Saviano – o come Adriano Sforzi, vincitore lo scorso anno con Jody delle giostre e quest’anno ancora premiato con il David di Donatello per il miglior cortometraggio italiano. È il film che vinse l’anno scorso il premio “Città di Bra” per la miglior sceneggiatura, riconoscimento che rimane biennale per ragioni di bilancio.
È soprattutto al cinema italiano che Corto in Bra si è rivolto in tutti questi anni: al cinema di serie A, quello di registi alle prime armi destinati poi a importanti carriere, i vari Stefano Mordini, Vittorio Moroni, Luca Miniero e Giulio Manfredonia, e al cinema corto di formato e di finanziamento, realizzato nei dipartimenti universitari o completamente autoprodotto, girato fra amici e spedito con poche speranze a vari festival.
In questo dialogo tra confezione ricercata e indipendenza, unica risorsa in tempi di crisi, Corto in Bra ha trovato la sua strada: proponendo cioè a una città votata al cinema un prodotto sì minoritario e senza distribuzione, ma capace di interpretare quella spinta dal basso che al cinema ha dato sempre talenti e idee. Il corto è democratico, paritario, mette gli autori sullo stesso piano, li costringe a una limitazione narrativa e spesso anche stilistica che spesso si rivela fonte di libertà e invenzione. Soprattutto per questo motivo, per vedere come il cinema sappia districarsi nello stretto, l’appuntamento con la decima edizione del Festival è di quelli da non perdere.
Diversi i luoghi del centro città e della periferia (da piazza Caduti per la libertà, a palazzo Mathis, dall’ala di corso Garibaldi, al quartiere Oltreferrovia) saranno coinvolti nelle proposte collaterali e soprattutto nella proiezione dei corti italiani in competizione (tra cui L’estate che non viene, già presentato alla prestigiosa Cinéfondation di Cannes), quelli diretti dai futuri talenti del premio Solinas e quelli provenienti da autori internazionali, divisi fra Corti da ridere e Corti animati.
Un’inquadratura di “Jody delle giostre” di Sforzi.
Infine, tra commozione e ricordo, ci sarà anche un omaggio a un amico del Festival che non c’è più, il compositore per il cinema Giovanni Napoli, al quale è stato dedicato un premio apposito che riconosce la miglior colonna sonora tra i film presentati in concorso. Buona visione, buon ascolto, buon ricordo.
g.a.