La rivoluzione, a Dogliani e dintorni, era iniziata qualche anno fa.
Nel 2005, per la precisione, quando quella denominazione era stata spezzata in due: da una parte la doc “Dolcetto di Dogliani” e dall’altra la docg “Dolcetto di Dogliani superiore” o “Dogliani”. L’intervento aveva recepito nelle regole il lavoro di selezione qualitativa che parecchi produttori avevano compiuto negli anni precedenti. Dopo sei anni, nel 2011 si è avuto un nuovo intervento altrettanto risoluto, con il quale si è messo ulteriore ordine nel settore produttivo della zona, fino a giungere all’unificazione delle due precedenti denominazioni del Dolcetto di Dogliani e del Dolcetto delle Langhe monregalesi.
Questo “matrimonio” è stato ufficialmente presentato lunedì 5 a Cuneo, alla Camera di commercio, con la collaborazione del consorzio “Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Roero” e della Bottega del vino di Dogliani. La vendemmia 2011 sarà il primo banco di prova della nuova denominazione, il cui disciplinare ha visto la luce col decreto pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 27 aprile.
La produzione del Dogliani (tutta a docg) sarà suddivisa in due tipologie: il Dogliani, vino di pronta beva e senza alcuna prescrizione di invecchiamento, e il Dogliani superiore, vino di struttura maggiore, per il quale è previsto l’affinamento di un anno calcolato dal primo novembre dopo la vendemmia.
Non c’è più, quindi, alcun riferimento al vitigno Dolcetto, seppure questo resti l’unico autore del vino. Il legame esclusivo con il riferimento di territorio pone questo prodotto in una posizione di maggiore autorevolezza e più facile tutela in un contesto mondiale che espone ogni denominazione a rischio di contraffazioni e abusi.
Per quanto concerne la zona di origine, la fusione tra le due denominazioni preesistenti ha portato alla sommatoria anche dei territori. Pertanto, le uve Dolcetto per le due tipologie del Dogliani Docg potranno provenire dall’intero territorio dei Comuni di Bastia Mondovì, Belvedere Langhe, Briaglia, Castellino Tanaro, Cigliè, Clavesana, Dogliani, Farigliano, Igliano, Marsaglia, Monchiero, Niella Tanaro, Piozzo e Rocca Cigliè, e, in parte, dal territorio di Carrù, Mondovì, Murazzano, Roddino, San Michele Mondovì, Somano e Vicoforte.
La produzione massima consentita è di 8.000 chilogrammi di uva per ettaro per il Dogliani e di 7.000 per il Dogliani superiore. È vero che l’unione fa la forza e sotto questo punto di vista va apprezzato il passocompiuto dai produttori del Dolcetto delle Langhe monregalesi, che hanno messo da parte il proprio campanile per unire la loro individualità con un territorio vicino altrettanto meritevole. Ma è un passo che in Italia ha ben pochi esempi. Anzi, negli ultimi anni il Comitato nazionale vini ha dovuto fronteggiare un vero e proprio “assalto alla diligenza”, con decine e decine di nuove denominazioni che si sono unite alle oltre 300 che già componevano il settore del vino di qualità italiano. Tanto per semplificare!
Giancarlo Montaldo