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Come salvare i piccoli negozi?

COMMERCIO Nel 2015 erano 81 i Comuni piemontesi senza negozi. Erano 78 nel 2014 e 77 nel 2013. Dunque, la desertificazione commerciale nella nostra regione sta crescendo. E su 1.205 Comuni del Piemonte, circa 200 hanno un solo esercizio commerciale. Una situazione alla quale da tempo si sta cercando di porre rimedio a livello legislativo. Il mese scorso il Consiglio regionale ha approvato un ordine del giorno che impegna la Giunta a individuare possibili sgravi fiscali e burocratici nelle zone montane. La scorsa settimana è stata l’Uncem ad attivarsi, con un ordine del giorno rivolto a Governo, Parlamento e Regione per chiedere il varo di una legge che individui sgravi fiscali e minor carico burocratico per chi possiede negozi o vuole avviare un’attività nei centri montani. L’ordine del giorno è stato inviato dall’Uncem ai 553 Comuni montani piemontesi. «Quello della desertificazione commerciale è un tema sul quale faremo progetti nei prossimi mesi assieme alla Regione», spiega il presidente dell’Uncem Piemonte Lido Riba.

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l’Uncem chiede anche di incentivare i centri multifunzionali, ossia negozi che, oltre a vendere prodotti svolgono, anche servizi utili alla comunità. «Si permetta all’Italia di varare una legge che permetta di sostenere la montagna, le zone più interne e le sue imprese. È un’azione di civiltà, di buon senso e di grande vantaggio per la collettività piemontese. Servono norme e azioni chiare e occorre agire subito. La politica deve fare la sua parte. Non vogliamo assistenza, ma sgravi fiscali capaci di sostenere chi sceglie di restare e far crescere l’economia di un territorio» conclude Riba.

Ecco cosa pensa della proposta Vilma Balocco, che 24 anni fa ha aperto il negozio di alimentari, merceria e tabacchi a San Benedetto Belbo: «Continuo a lavorare perché i miei compaesani partecipano molto al negozio, ma gli abitanti sono pochi e, di fronte di introiti esigui, le tasse sono sempre più alte. Da anni attendo agevolazioni per i piccoli negozi e la proposta della Regione mi sembra finalmente un passo avanti. Il Comune mi aiuta rispetto all’affitto dei locali: pago una cifra simbolica perché altrimenti non riuscirei a sbarcare il lunario e a volte capita ugualmente che chieda aiuto allo stipendio di mio marito quando le scadenze fiscali sono imminenti, per poi magari restituirgli la cifra il mese successivo». E, come se non bastasse ci sono i controlli della Guardia di Finanza, sempre più frequenti: «Dovrei farle vedere la mia collezione di verbali, tutti rigorosamente in regola», aggiunge Vilma Balocco.

Un’avventura, la sua, irta di difficoltà, ma che non le ha fatto perdere entusiasmo: «Il negozio è chiuso due pomeriggi a settimana nei quali vado personalmente a rifornirmi, riuscendo a mantenere così prezzi più competitivi. Per andare incontro alle esigenze dei clienti, spesso anziani o soli, da anni faccio consegne a domicilio a chi lo richiede. Quasi tutti i giorni dopo la chiusura mattutina, mi sposto in paese per consegnare i prodotti».

In base ai dati 2015 dell’Osservatorio regionale del commercio, nelle Langhe sono nove i paesi privi di negozi: Bonvicino, Camo, Cissone, Gottasecca, Montelupo Albese, Perletto, Somano, Torre Bormida e Trezzo Tinella. In quest’ultimo Comune, però, è presente ormai da alcuni anni il mercato settimanale. Hanno un solo negozio Arguello (e non vende alimentari), Belvedere Langhe, Bergolo Borgomale, Levice, Mombarcaro, Neviglie, Paroldo, Pezzolo Valle Uzzone (non vende alimentari), Rocchetta Belbo, San Benedetto Belbo e Sinio.

Corrado Olocco, Debora Schellino

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